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Arriviamo sempre tardi, troppo tardi. E parliamo presto, troppo presto. Oggi piangiamo ancora le vittime di Parigi, sentiamo vivo l’orrore, accesa la paura, proviamo tutto quello che la gran parte di noi non ha provato o ha snobbato, con uno sbadiglio, quando il sangue innocente bruciava dentro un aereo russo o scorreva in Kenya, a Beirut, in Siria, in Iraq. Si sa, la natura umana (e il riflesso distorto dei mass media) segue una legge spietata: ciò che ci tocca da vicino ci scuote, il resto si annacqua nelle distanze fisiche. Parigi è ferita, la politica “occidentale” si agita e si interroga freneticamente.

Tardi. Perché quei visionari che nel recente passato chiedevano scelte diverse, rispetto alla Siria, alla necessità di trattare con Assad, alla follia delle guerre in Iraq e Libia, alla questione turca, al rapporto perverso con l’Arabia Saudita, all’assurdità di isolare la Russia di Putin, avevano ragione. Così come avevano ragione a chiedere che si aiutassero concretamente i curdi che a Kobane sono rimasti da soli a combattere l’IS. Non li ascoltava nessuno. Erano visionari, d’altra parte, mica strateghi.

Oggi è tardi anche solo per ammettere le proprie colpe. Così si preferisce reagire. Ancora. Con la fretta, parlando presto e male. Agendo forse ancora peggio. Hollande ha parlato di guerra, ha chiesto che si combatta uniti, intensificando i raid. Il presidente francese ha affermato di voler “vendicare” le vite spezzate dal terrorismo, nei giorni in cui si cerca ancora uno dei presunti attentatori. Vendetta. Una parola che sembra stonare sulla bocca di un presidente di uno Stato democratico. Dopo tutte le parole, gli errori, i tanti ragionamenti sulla complessità della questione IS, che ha caratteristiche e origini molto diverse da quelle false o ipocrite che si leggono e ascoltano in giro, questa scelta lascia perplessi.

Combattere una guerra in questo modo, con un nemico che ancora non si è definito (o non si è voluto definire) correttamente e che si nasconde ovunque, partendo da uno spirito di vendetta e non da un freddo, razionale calcolo strategico, è rischioso e potrebbe avere effetti perversi.

Comprendo la voglia di rispondere, far vedere che non si ha paura, comprendo la necessità di colpire al cuore il terrore, ma forse prima bisognerebbe risanare gli errori commessi, riprendere certi dialoghi, organizzare un’attività congiunta di intelligence, ripulirsi dalle proprie brame affaristiche, stanare e svelare (perché si sa benissimo chi sono) gli stati canaglia, i finanziatori, le forze oscure che curano la regia di questa nuova paura mondiale, isolarli, e solo dopo andare a colpire con decisione definitiva, senza tentennamenti, la testa dell’IS, le sue diramazioni, i complici.

Razionalmente, perché l’equilibrio mondiale è fragile. Uno Stato non può agire per vendetta, non può nemmeno linguisticamente dare mostra di azionare leve politiche tinte di emotività. La ragione è l’unica strada possibile. La ragione è mancata per troppo tempo. La ragione è la vera arma di questa epoca. Anche se attualmente sembra scarica.

Massimiliano Perna