Da qualche settimana sono stati concessi i poteri magici agli uomini dello Stato che presiedono alla conta dei nuovi schiavi che entrano in Italia. Sono molti i testimoni che hanno assistito così all’istantanea crescita in età di tanti minorenni. Di punto in bianco si sono ritrovati maggiorenni, con grande sollievo degli SPRAR per minori stranieri non accompagnati. Stanno scoppiando, infatti, per le troppe presenze. Ma neanche gli altri centri d’accoglienza, quelli per adulti, se la passano meglio. Sono al completo! Fortuna che Merkel la Grande ha avuto l’idea giusta e, parlandone con il suo maggiordomo Hollande, si è proprio convinta di essere un genio. Così, l’Europa ha promulgato gli Hot Spot che ora abbiamo anche in Italia, dopo che Renzi, a fine settembre, “ha recepito la direttiva europea”.

Hot Spot: parola inglese che, come tante altre parole inglesi, serve a dare eleganza a cose che non si capisce bene cosa siano, a cosa servano e come funzionino. Prendiamo, ad esempio, una delle attività previste negli Hot Spot. Dopo averci portato gli stranieri per una “primissima accoglienza”, li accolgono con educato silenzio: infatti, nessuno li informa di niente, men che meno del fatto che hanno il diritto di fare richiesta di asilo politico. “Finalmente!”. Quei poveracci si sentono come liberati da pastoie burocratiche e domande difficili. Dopo qualche giorno si sentono rivolgere amichevolmente, quasi confidenzialmente, la domanda: “perché sei venuto in Italia figliolo?”. Rinfrancati da tanta confidenza, molti di loro aprono il cuore e, trasognati, dichiarano: “come sarebbe bello se potessi lavorare!”.

A questo punto tutto è compiuto: gli viene riferito che essi si chiamano “immigrati economici” e possono accomodarsi fuori. Liberi! Con dei meravigliosi fogli di carta intestata e bollata che adorano come una grazia ricevuta. Ma fuori dai cancelli di questi luoghi di primissima accoglienza, arriva lo sgomento: “ma dove dobbiamo andare? Come?”. Leggono nella loro lingua quei fogli che hanno in mano e scoprono di essere stati espulsi e di dover lasciare l’Italia passando da Fiumicino. Sta succedendo in tutta Italia. Ovunque, per strada o nelle stazioni ferroviarie, se ne trovano continuamente, a decine. E percorrono chilometri a piedi senza arte né parte. Di fatto, lo Stato li ha resi clandestini e li ha prevaricati pesantemente, non facendogli fare la richiesta di asilo politico. Dice: “ma sono loro che hanno affermato di essere venuti per lavorare!”. E che altro avrebbero dovuto dire? Di essere venuti per mangiare a sbafo? O per rubare o essere sfruttati o inquadrati nelle organizzazioni del malaffare.

Va bene che siamo in Italia, ma ci sarà pure qualcuno che vorrà lavorare onestamente! E questo allora costituisce davvero un motivo per espellerli come dei pazzi criminali? Semmai gli avrebbero dovuto chiedere: cosa vi ha condotti a lasciare il vostro Paese? Così sarebbero venute fuori tutte le storie di violenza, fame, guerra che sono alla base di un vero esodo da quei Paesi martoriati. Ma neanche in questo caso gli avrebbero fatto godere il diritto previsto dalla convenzione di Ginevra di richiedere lo status di rifugiato politico. Bisogna infatti distinguere se si tratta di guerre ufficialmente dichiarate o di guerre tra clan ed etnie locali.

I prossimi che verranno in Europa, pertanto, è bene che, prima di imbarcarsi, passino dagli uffici del loro Stato e chiedano il rilascio di un certificato dove si attesta che i bombardamenti in corso e le ammazzatine sono dovute a una guerra regolarmente dichiarata, per cui il richiedente ha diritto a essere accolto nel Paese in cui andrà come rifugiato politico. 

Comunque, quei ragazzi respinti con l’obbligo di imbarcarsi a Fiumicino, di fatto si disperdono sul territorio come cani randagi. Compresi i minorenni, trasformati miracolosamente in maggiorenni. E comincia la gara tra organizzazioni che li avvicinano per farli entrare in una legalità che lo Stato non gli ha neanche lasciato intravedere, anzi, è proprio lo Stato che ha agito contro l’etica e contro le leggi, misconoscendo la convenzione di Ginevra e abbandonando dei minori a sé stessi. Gli altri attori in campo che se li contendono sono i criminali a cui viene offerta una potenziale manovalanza a basso prezzo. In questo modo, dunque, non si sovraffollano troppo i centri di accoglienza e tutto procede a gonfie vele. Tutto il sistema complessivo. I suddetti centri, infatti, hanno ospiti garantiti e in numero non allarmante. Il meraviglioso business è sotto controllo.

La Marina militare italiana raccoglie in mare gente a più non posso che poi arrivano alle strutture. L’Inps, fra contributi che riceve dai lavoratori immigrati e pensioni non riscosse da chi è rientrato nel proprio Paese può tranquillamente pagare le pensioni ai nostri vecchi. Tutti gli italiani che ne hanno bisogno si accaparrano gente di colore o pallida pagandola due soldi. Aumentano i posti di lavoro per gli italiani impiegati nelle strutture di accoglienza. Gli euro scorrono a fiumi, spesso esondano e non si capisce in quali tasche finiscano. Fra entrate e uscite, viene fuori che l’affare immigrati è una grossa fortuna per l’intelligente, furba Italia che poi piange miseria e si lamenta solo per spremere più euro all’Europa. Che Paese indecente! Che istituzioni tutta facciata!

Ma cosa ha fatto l’Italia dopo che, nel 1954, ha firmato la convenzione di Ginevra? Ha cominciato a dotarsi, come gli altri Paesi europei, di strutture di accoglienza e di un piano per l’integrazione lavorativa e culturale, così come hanno fatto fin da subito la Germania, per esempio, la Francia e l’Inghilterra? Paesi che ci hanno costruito e ci costruiscono il loro benessere sugli arrivi dei lavoratori stranieri. L’Italia non ha fatto assolutamente niente fino a qualche anno fa e ora ha l’impressione di essere “invasa”, è incapace di accogliere e rispettare chi arriva, non prevede neanche per sogno un piano per l’integrazione. Ma in compenso ci sta guadagnando miliardi di euro, spendendone qualcuno per… l’emergenza. Ovvio che poi, in Europa, a Renzi neanche lo considerano e ridono delle sue continue chiacchiere sull’Italia abbandonata.

Tutt’altre storie, tutt’altre atmosfere ci sono entrando in questo mondo di nuovi schiavi pianificati e bestializzati, oltre che screditati da un popolo invecchiato, smarrito, arrabbiato, affarista. Storie di speranza, di voglia di lavorare (qualora ci fosse un governo serio ed etico dell’economia). Storie di gente che, pur sfruttata da secoli e fino a casa loro, viene per produrre ricchezza e freschezza culturale. Come sappiamo, in tanti non ce la fanno e giacciono in fondo al mare.

Uno di questi si chiamava Abdullah, di anni 17, fratello di Lamine che abita con me in parrocchia. Le tragedie proseguono ininterrotte. Ma neanche la TV ne parla più, la gente cambierebbe canale. Io invece cambierei Paese. Ma ci sono questi “negri” che mi ricordano sempre cosa significa essere uomini. E allora sto qui, con queste istituzioni “civili”, ma anche con questa gente perbene al tramonto. L’alba la ritrovo in mezzo a loro.

Padre Carlo D’Antoni –ilmegafono.org