In una città come Beirut, già sconvolta dalla crisi politica, economica e sociale, fare i conti anche con il problema dei rifiuti si può considerare solo la ciliegina sulla torta. La situazione, con il passare del tempo, diventa sempre più grave; praticamente, si cerca di seppellire e nascondere i rifiuti ovunque, in qualsiasi posto ci sia spazio, arrivando a formare addirittura montagne di immondizia ai lati della strada, avvelenando così l’aria e ogni cosa e, di conseguenza, aumentando il pericolo di epidemie e malattie. Come se non bastasse, ad aggravare questa condizione, ormai insostenibile, è stata la chiusura dell’unica discarica attiva. La gente, completamente esasperata, è scesa in piazza per protestare contro le autorità pubbliche, che a loro volta hanno risposto con idranti e cortine di filo spinato.

La principale responsabile sembra essere la società Sukleen, monopolista del settore con forti rapporti con il mondo della politica, che vorrebbe a tutti i costi mantenere il proprio regno. Si parla di un fatturato di 140 euro a tonnellata solo per la sua discarica, soldi accumulati ininterrottamente dal 1994. Proprio questo legame tra l’azienda e la famiglia dell’ex premier Hariri e il ricorso a pratiche corruttive sembrano conferire un aspetto alquanto misterioso a quel che si cela dietro questa faccenda.

Purtroppo non si è fatto molto per migliorare la situazione. A parte alcune iniziative di cooperazione internazionale, come quelle italiane del Cosv (Comitato di Coordinamento delle Organizzazioni per il Servizio Volontario), mancano delle concrete alternative alla discarica. In un clima del genere, dove ormai da diversi anni si moltiplicano i siti abusivi e anche quelli legali nascono senza alcuna protezione ambientale, le reali possibilità di guardare a un futuro migliore sono davvero poche. Non vi è alcun dubbio che in Libano ogni forma di sviluppo economico sia guidata da determinate policies nella gestione dei rifiuti. Una scelta obbligata, se si vuole portare avanti una crescita economica adeguata e non finire sotto ricatto e nei tumulti di piazza.

Le stesse ong libanesi, pertanto, sono state le prime a lanciare l’allarme della presenza delle ecomafie dietro l’emergenza rifiuti. Se non si farà nulla per cambiare l’attuale condizione in cui si trova Beirut, i signori dei rifiuti diventeranno sempre più ricchi e causa di altri disastri ambientali, mentre la popolazione sarà, ancora una volta, la vittima sacrificale e subirà le ripercussioni maggiori.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org