Sono le ore 2.08, a Kunduz, nel nord dell’Afghanistan, quando le prime bombe cadono dal cielo. Fino alle 3.15 di sabato notte l’ospedale di Medici Senza Frontiere è l’obiettivo di un raid americano. Pazienti bruciati vivi nei loro letti e operatori morti mentre dormivano o mentre cercavano, negli ultimi istanti, di salvare il salvabile. “Abbiamo visto colleghi morire”, queste le parole dell’infermiere Lajos Zoltan Jecs, che si trovava nell’ospedale traumatologico di Kunduz. Il bilancio finale delle vittime parla di 12 operatori e una decina di pazienti, tra cui 3 bambini. I dati dall’Afghanistan non sono mai chiari.

La città, di circa 300.000 abitanti, è un territorio ancora sotto forte scacco talebano e, spesso, il governo afgano ha chiesto agli americani interventi di forza proprio nella zona in questione. Che i fatti di Kunduz non siano un semplice errore è ormai una voce di palazzo più che di corridoio. Tanto è vero che MSF ha chiesto di aprire un’indagine indipendente sugli eventi, non volendo minimamente accettare le deboli versioni americane che son dovute soccombere alle sterili giustificazioni e contraddizioni afgane.

Il ministero della Difesa afgano ha dichiarato che l’ospedale faceva da scudo ad alcuni terroristi talebani. Attualmente in Afghanistan, gli USA, lavorano su indicazioni del governo locale. Sono proprio queste dinamiche a spingere l’organizzazione premio Nobel per la pace nel 1999 a ritenere di non esser stata vittima di un semplice errore militare. Si deve aggiungere doverosamente che gli ospedali come quello di MSF sono segnalati alla NATO, che non ha tra i suoi obiettivi dei luoghi civili come questi. Inoltre, voci di corridoio, le ennesime, dicono anche che durante i minuti di fuoco e sangue, gli operatori avrebbero chiamato i comandi Nato per chiedere di cessare l’attacco, ma nulla è cessato se non delle vite.

Le dubbie dichiarazioni del governo afgano fanno pensare che l’attacco non sia stato un innocente errore e sull’onda di questi dubbi arriva fresca la telefonata di scuse del presidente Obama, tesa secondo molti a coprire la porcata militare. Giochi di potere, errori militari o decisioni ben definite? Non spetta a noi dirlo, ci limitiamo a esplicare i fatti, sperando che MSF possa avere giustizia.

Dovremmo restare qui a parlare per ore di quel che è l’assurdità di un conflitto iniziato nel 2001 e che non ha mai visto un vero vincitore se non la disperazione e la miseria.

Si dovrebbe scrivere per ore delle vite di questi uomini e di queste donne che abbandonano famiglia e carriera occidentale perché sanno che le loro mani possono salvare più vite là, a Kunduz, piuttosto che in qualche clinica privata. Donne e uomini che sanno bene il rischio a cui vanno incontro e che se lo sono accollati perché sanno che le loro opere sono le resistenze che non permettono a questo mondo corrotto di marciare dritto verso l’apocalisse.

Si dovrebbe restare qui per tanto, ma oggi forse è meglio fermarsi e sperare che, se le versioni ufficiali non sono vere, per una volta un briciolo di verità possa emergere e che essa, più che punire qualche assetato di potere, possa mostrare agli occhi degli uomini di cosa sono capaci i potenti di questo mondo.

Italo Angelo Petrone -ilmegafono.org