Continua a bruciare la terra attorno al boss Matteo Messina Denaro, capo di cosa nostra e tra i latitanti più pericolosi e ricercati d’Italia. Un’altra pedina della sua scacchiera di uomini di fiducia e di complici finisce in gabbia. Gli agenti della DIA di Trapani, infatti, hanno emesso un mandato di arresto (ai domiciliari) nei confronti di Gaspare Como, marito di Bice Messina Denaro e cognato del boss. L’accusa per Como (il quale aveva già subito la revoca della sua licenza di commercio qualche mese fa) è di trasferimento fraudolento di beni e intestazione fittizia.

Secondo la procura di Marsala e del procuratore Alberto Di Pisa, l’uomo avrebbe intestato, ad alcuni imprenditori insospettabili, diversi esercizi commerciali al fine di evitare il sequestro in cui sarebbe occorso proprio a causa della mancata licenza. Nella fattispecie, Como sarebbe riuscito a riaprire il negozio d’abbigliamento “Mercatone diffusione moda” ed altri esercizi a Castelvetrano e a Marsala, in provincia di Trapani, oltre ad un immobile nei pressi della località balneare di Triscina, vicina al capoluogo di provincia siciliano.

All’alba del 6 luglio, gli agenti della Dia hanno così posto i sigilli su tutti gli edifici in mano a Como per un valore di 200 mila euro e sono successivamente partite le indagini allo scopo di rintracciare gli imprenditori (al momento a piede libero) sui quali egli avrebbe fatto affidamento.

Ad ogni modo, ad interessare più di tutto gli inquirenti e la giustizia in generale non sarebbe tanto l’attività imprenditoriale illegale del cognato di Messina Denaro, quanto il fatto che lo stesso Como avrebbe usato soldi appartenenti al boss per poter portare avanti i propri esercizi. Alla base di tutto ciò, dunque, vi è sempre la caccia al boss siciliano, ormai da troppo tempo ricercato e ancora latitante. L’inchiesta, pertanto, si concentrerà adesso proprio sul ruolo del boss, dato lo stretto collegamento tra quest’ultimo e lo stesso Como.

La speranza è che, nonostante le difficoltà già incontrate, qualcosa si possa muovere una volta per tutte. Il cerchio attorno al capo di cosa nostra è sempre più stretto, gli inquirenti, in questi ultimi anni, gli stanno facendo terra bruciata intorno. L’arresto di Como è solo uno dei tanti piccoli pezzi che potrebbero portare al completamento di un puzzle ancora incompleto e non facile da risolvere. Per tale ragione, quindi, è importante che il lavoro di magistratura e forze dell’ordine venga sostenuto il più possibile e dotato di tutti i mezzi necessari. La cattura del boss non sembra più un miraggio, ormai. Lo speriamo tutti.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org