Dieci mesi di vita in meno, 34500 italiani avvelenati ogni anno e 22500 casi di morte. Sono dati preoccupati quelli che emergono dall’indagine promossa dal CCM (Centro Controllo Malattie) attraverso il progetto VIIAS (Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’ambiente e sulla salute).  I gas nocivi rilasciati nell’aria, infatti, porterebbero alla scomparsa annuale di una città grande quanto Aosta, con un rischio maggiore per i cittadini che risiedono nel Nord Italia. Se mediamente la vita si abbrevia di 10 mesi per tutto il paese, la stima sale di ben quattro anni per i settentrionali: 14 anni per il Nord, 6,6 per il Centro e 5,7 al Sud e nelle Isole.

I modelli previsionali applicati al progetto hanno consentito di tracciare una nuova mappa dell’inquinamento, dalla quale si desume che il 29% della popolazione italiana vive in zone altamente tossiche, territori in cui si supera abbondantemente il limite di inquinanti consentito dalla legge. Rispettando i limiti imposti si riuscirebbero a salvare almeno 11000 vite, soprattutto nelle aree del Nord particolarmente sovraffollate di impianti industriali e traffico stradale.

Il fattore di morte principale è costituito dal particolato fine, il cosiddetto PM2.5, sprigionato non soltanto da emissioni industriali e di carburante, ma anche dalla combustione di biomasse, costituite in particolare da vari tipi di legno. È proprio sulle biomasse che il rapporto del CCM invita a riflettere con maggiore attenzione, delineando il cambiamento effettivo dell’inquinamento atmosferico negli ultimi dieci anni: biomasse e carburatori diesel dovrebbero subire le più accurate misure preventive in tal senso. Si calcola, infatti, che i motori diesel sono responsabili del 91% di emissioni di biossido di azoto e particolato.

Ma c’è dell’altro. La sola riduzione delle emissioni nocive non basterebbe a frenare la lenta ma disastrosa debacle dell’atmosfera italiana. È opportuno applicare misure di sostenibilità e mobilità intelligente per ovviare al problema del congestionamento di traffico e della concentrazione di sostanze tossiche in territori come la Pianura Padana, difficili da gestire anche dal punto di vista meteorologico. Accanto alla mobilità, va gestita anche l’attività agricola che produce emissioni di ammoniaca talvolta fuori controllo.

L’appello da lanciare ai governi, dunque, non va limitato alla sola riduzione, ma a una più consapevole gestione delle emergenze che si consumano lente e silenziose, con effetti sempre più devastanti.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org