Raffaele Cantone è un uomo onesto e un magistrato bravissimo. Lo ha dimostrato nella sua vita e nella sua carriera professionale, rivendicando e difendendo sempre la propria indipendenza. Recentemente, una sua intervista rilasciata a Repubblica si è però attirata critiche e attacchi da più parti, perché considerata strumentale e tesa a difendere le scelte della maggioranza Pd. La questione riguarda la vicenda De Luca e l’applicazione della legge Severino, ma soprattutto il caso degli impresentabili. Il suo ragionamento è stato da molti interpretato come un duro attacco alla Bindi, ma Cantone ha smentito, chiarendo (al tg3) che le sue erano semplicemente due valutazioni: una squisitamente giuridica (modalità e tempi di applicazione della legge Severino); l’altra di metodo, legata all’efficacia del codice etico adottato dalla Commissione Nazionale Antimafia, sulla base del quale è stata stilata la famosa lista degli impresentabili.

La questione degli impresentabili ha tenuto banco durante le ultime fasi della campagna elettorale prima del voto delle regionali di domenica scorsa, trasformandosi in un argomento di guerra aperta soprattutto internamente al Pd, con il neo-governatore campano De Luca (uno dei 17 nomi nella lista in virtù della sua condanna in primo grado per abuso di ufficio) che, una volta eletto, ha reagito querelando la presidente della Commissione, Rosy Bindi. Scontro durissimo e ancora in corso, in attesa di vedere quel che accadrà nelle prossime settimane allo stesso De Luca. Il rilievo di Cantone, però, non riguarda nello specifico l’ex sindaco di Salerno, ma si rivolge in generale al criterio etico di selezione dei cosiddetti “impresentabili”.

I dubbi più importanti sono essenzialmente due: innanzitutto, la logica di “istituzionalizzare” gli impresentabili e assoggettare tale condizione a una condanna o al rinvio a giudizio per un reato, non contemplando così coloro che si muovono dentro un’area grigia o hanno rapporti con esponenti criminali ma sono riusciti a sfuggire alla giustizia e dunque, per tale principio, risultano candidabili ed eleggibili. In poche parole, il codice etico considera esclusivamente il passaggio processuale e non anche quello morale, politico che va oltre l’aspetto giudiziario (anche se, a dire il vero, resta il problema di conciliare questo rilievo di Cantone con i principi del garantismo propri del nostro ordinamento). In secondo luogo, a parere del presidente dell’Autorità nazionale anti-corruzione si rischia di “produrre un’eterogenesi dei fini; cioè, di dare il bollino blu a tantissimi che, non vedendosi inseriti in quella lista, si sentono pienamente legittimati”.

In effetti, questo rischio non è da escludersi e si richiama al problema della responsabilità politica nella selezione delle candidature, perché è innegabile che le liste elettorali siano piene di soggetti discussi, mai condannati ma spesso finiti in intercettazioni, inchieste o processi poi conclusi con assoluzione o archiviazione. La politica, sia a livello nazionale che locale, è piena di facce e cognomi che si destreggiano in terreni poco puliti, dove si stringono mani sporche e si costruiscono rapporti con personaggi oscuri o manifestamente mafiosi. Ha ragione Cantone quando sostiene che, scorrendo i nomi dei candidati non inclusi nella lista degli impresentabili, perché non condannati né rinviati a giudizio, ve n’erano molti di più dei diciassette individuati dalla Commissione, a cui sarebbe stato opportuno impedire la candidatura.

La critica mossa dal magistrato napoletano, pertanto, merita una riflessione. Essa non toglie nulla al fatto che chi ha subito una condanna non definitiva o un rinvio a giudizio possa essere dichiarato al momento non presentabile, ma il problema si porrebbe ugualmente anche in futuro: se un individuo condannato in primo grado viene poi assolto pienamente, magari perché non è stato possibile provare, ad esempio, la sua nota contiguità ad ambienti mafiosi (ed è successo tante volte), come ci si comporta? Torna ad essere presentabile? Riceve un benestare istituzionale, un bollino, che ne attesta l’eticità?

Siamo sicuri che questa sia la strada giusta da percorrere e che in effetti non sia stato un errore opporre all’evidente inadeguatezza di De Luca una questione di natura spiccatamente istituzionale e burocratica piuttosto che aprirne una, molto meno sbrigativa ma sicuramente più efficace, di natura politica? Vedremo se, nei prossimi giorni, sarà possibile uscire dalle beghe estenuanti di un partito disastrato, in modo da affrontare con rigore e scrupolo il problema serio sollevato da un magistrato preparato come Raffaele Cantone.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org