Che sull’immigrazione si facciano numerose speculazioni e che si farnetichi politicamente e mediaticamente è cosa nota, come è noto che le conseguenze di tutto ciò si diffondono rapidamente tra la gente, qualsiasi sia il livello culturale e sociale. Solo che c’è un limite a tutto e non si può continuare ad accettare che l’opinione pubblica venga costantemente disinformata, ad ogni ora, sulle reali dimensioni del fenomeno e riempita di bugie, stereotipi, idiozie, calunnie. Non si comprende ancora perché, ad esempio, i talk show continuino ad ospitare i vari Bonanno, Salvini, Meloni, senza che vi sia un contraddittorio serio e senza che i responsabili della conduzione (giornalisti che dovrebbero rispettare le carte deontologiche, comprese quelle sul tema) contrappongano dati reali alle falsità strumentali annunciate in studio.

L’effetto che si produce è che, ovunque, nel Paese, nei bar, negli uffici, oltre che nella fogna aperta del web, improvvisati esperti in materia prendano parola per affrontare discorsi che nemmeno conoscono e che si basano solo su quanto ascoltato in tv o sul sentito dire dall’amico, dal collega, dal salumiere, dal commercialista, dal medico e quant’altro. Basta così, qualcosa bisogna fare, in questo Paese dove i politici danno i numeri, ma nessuno dà quelli veri. Che pure esistono e sono ufficiali, dimostrati, ma evidentemente poco affascinanti per una nazione nella quale la verità percepita conta più della verità effettiva. Una nazione nella quale si è perennemente alla ricerca di un bersaglio e questo lo si deve trovare sempre più in basso, ossia tra coloro che stanno peggio di noi. Se poi sono bersagli che non riescono ad avere voce e non godono di pieni diritti, assumendo le sembianze di qualcosa di estraneo rispetto alla nostra comunità chiusa, allora tanto meglio.

Per far ciò, per costruirlo per bene, si usa qualsiasi mezzo: dalle equazioni facili a tutto ciò che possa accendere le paure più profonde, con tutto un corredo di notizie, video, link che sono semplici fatti di cronaca che riguardano tutti, ma che, nella costruzione del bersaglio, vengono adeguatamente selezionati come prova di un ventaglio di conclusioni abominevoli. Così si costruiscono prototipi di umanità replicabili, dove non esistono differenziazioni, personalità, vissuti; si edificano categorie linguistiche e concettuali che si appiccicano velenosamente alla coscienza collettiva come fossero paste chimiche altamente tossiche e resistenti a qualsiasi solvente. E i numeri? I numeri vengono nascosti, ignorati volutamente, perché smentirebbero tutto: a partire dai dati sulle dimensioni, sul grado di istruzione, sull’irrinunciabile contributo sociale ed economico di cui l’Italia usufruisce, sul bassissimo impatto sulla spesa sociale, sulle origini e sulle caratteristiche. Meglio tacerli per poter far funzionare al massimo il meccanismo di mistificazione politica tanto utile ad attivare il motore del consenso e a drogare la coscienza di cittadini sempre più consumatori/spettatori ignoranti che lettori/elettori informati.

Allora proviamo a darlo noi qualche numero, ufficiale, riscontrabile, individuabile. È sufficiente leggere alcuni rapporti scientifici, come ad esempio quello dell’Istat. Partiamo dalla prima bugia. Invasione? Macché. I migranti regolari in Italia sono tra i 4,4 e i 5,4 milioni, con una percentuale sulla popolazione complessiva che ci colloca all’undicesimo posto rispetto agli altri paesi europei. Gli irregolari sono appena 400-500 mila, molti dei quali sono diventati irregolari per colpa della crisi che con la perdita del lavoro ha fatto perdere anche il permesso di soggiorno, con problemi seri ad esempio per chi qui ha una famiglia. Seconda bugia. Se qualcuno dice che l’Italia è “invasa” da masse di disperati che arrivano via mare non credetegli neanche un po’. Gli sbarchi rappresentano una esigua minoranza degli arrivi, mentre la gran parte giunge regolarmente, soprattutto con visti turistici che poi vengono fatti scadere.

Sulla provenienza poi si dicono le fandonie più grosse. Sarebbe bello sapere in quanti sono a conoscenza del fatto che le prime sei nazioni di origine tra i migranti presenti in Italia sono Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina e Filippine. In totale costituiscono oltre 2 milioni e mezzo di persone, più della metà della popolazione immigrata che risiede nel nostro Paese. E di certo non sono i paesi più poveri tra quelli di partenza. Questo, come ha commentato il sociologo Maurizio Ambrosini, dimostra che la scelta di partire in cerca di fortuna riguarda principalmente le classi medie delle nazioni di origine, ossia coloro che possono investire su se stessi.

Altra bugia, spesso tramutata in paura, vista la minaccia del terrorismo di matrice religiosa, è quella sul credo dei migranti e sulla presunta “invasione islamica” di uomini violenti cresciuti in paesi arabi possibilmente con educazioni jihadiste: in realtà, la maggior parte dei migranti presenti in Italia è di origine europea, in prevalenza donne e di religione cristiano-ortodossa. Questo lo si specifica solo per dovere di verità, per spazzare via le irrazionali previsioni di islamizzazione dell’Italia, sottolineando comunque che i musulmani presenti nel nostro Paese non sono terroristi e che anche se fossero stati loro il gruppo maggioritario ciò non avrebbe determinato alcun rischio.

Altra balla da smentire è quella relativa al fatto che “sono troppi”. L’immigrazione ha conosciuto un incremento in Italia fino al 2012. Con l’inizio della recessione invece si è avuto un calo netto degli arrivi di migranti economici, ossia di coloro che migrano non per scampare a guerra o violenza, ma per poter migliorare le proprie condizioni di vita (come hanno fatto oltre 20 milioni di italiani tra il 1800 e il 1900). Una flessione notevole dovuta alle scarse speranze di farcela in un Paese investito dalla crisi, dove è possibile trovare solo sfruttamento e difficoltà. In aumento invece il numero dei rifugiati, che arrivano attraverso le vie del traffico internazionale di esseri umani. Nel 2013 gli sbarcati sono stati 43mila, mentre nel 2014 sono stati circa 170mila. Ma anche qui c’è un “però” grande come una casa che smentisce gli allarmi di “invasione”: di questi 170mila sbarcati, solo 68mila hanno presentato domanda di asilo in Italia, mentre gli altri sono passati dai confini del nord Italia per proseguire verso i paesi del Nord Europa.

L’Italia, infatti, è un paese di transito e le autorità italiane, per non gestire il fenomeno, hanno spesso preferito chiudere un occhio, non schedare i rifugiati, non prendere le impronte digitali e lasciarli andare verso altre nazioni. Quelli che sono rimasti, invece, li abbiamo gestiti (malissimo) nelle strutture di accoglienza, dove molto spesso si è concentrata la brama famelica di speculatori senza scrupoli che hanno fatto business sulla pelle dei migranti e con i soldi dei cittadini. Le inchieste, poi, hanno dimostrato che molti dei truffatori protagonisti di questo business tutto italiano sono amici degli amici, o meglio amici degli amici di quei politici che tanto parlano contro gli immigrati auspicando la chiusura delle frontiere o i respingimenti in mare. La solita ipocrisia da sciacalli.

Insomma, sul numero di rifugiati, che, va ricordato, abbiamo l’obbligo di accogliere in obbedienza a leggi e convenzioni internazionali, dovremmo un tantino vergognarci quando pretendiamo aiuti dall’Europa e ci lamentiamo per le nostre presunte difficoltà nel gestirli: prendendo i dati del 2013, infatti, l’Italia accoglie 78mila rifugiati, contro i 232mila della Francia, i 190mila della Germania, i 126mila del Regno Unito, i 114mila della Svezia. Vuol dire che abbiamo 1 rifugiato ogni 1000 abitanti, contro ad esempio i 9 della Svezia o i 3 della Francia. E se prendessimo come riferimento i numeri dell’accoglienza di paesi extraeuropei, come Pakistan, Giordania, Libano e perfino Iran, allora ci sarebbe da arrossire. E arrossirebbe non solo l’Italia ma anche l’Europa.

Per concludere, un’ultima bugia: “ci costano”, “incidono sulla spesa sociale” e, in un Paese in crisi, “non ce li possiamo permettere”. Cretinate. La spesa sociale in Italia è elevata principalmente per gli anziani (soprattutto negli ultimi due anni di vita) e per i neonati. I migranti, in stragrande maggioranza, sono di età compresa tra i 17 e i 45 anni, una fascia di età nella quale la curva della spesa sociale è quasi zero. Non solo, ma il lavoro dei migranti produce l’11% del Pil nazionale, quindi piuttosto dovremmo immaginare a che disastro economico andrebbe incontro l’Italia se non ci fossero i migranti e se prevalessero logiche di epurazione e chiusura come quelle di Lega, Fratelli d’Italia e obbrobri simili. I contributi che i migranti versano con il proprio lavoro, inoltre, vengono utilizzati per pagare le pensioni ai pensionati italiani. Per non parlare poi del ruolo sociale di chi fa assistenza agli anziani, ossia le note badanti, un lavoro prezioso senza cui molte famiglie non saprebbero come fare.

Questi sono solo alcuni dei numeri reali sul fenomeno immigrazione e siamo convinti che molti di coloro (specialmente tra i non addetti ai lavori) che avranno la pazienza di leggerli ne rimarranno sorpresi. Purtroppo, però, scusate il pessimismo, la maggior parte non se ne curerà e, nonostante questi dati, continuerà a veicolare bugie spacciandole per vere. Perché una convinzione radicata e perfettamente aderente alla propria pigrizia o grettezza è difficile da sostituire con un po’ di umanità e di onestà intellettuale. A qualcuno piace continuare a dare i numeri e a dare quelli falsi. Oppure continuare ad ignorarli i numeri, perché così è più semplice mentire, dal momento che di fronte a discorsi che tirano in ballo cifre, c’è il rischio che i dati veri possano essere tirati fuori e contrapposti (suggerimento per i vari Formigli, Floris, Giannini, ecc.) al rozzo ragliare della propaganda. Non sarebbe certo una bella figura.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org