Syriza, alla fine ha vinto. Presto, se tutto andrà come prevedono i sondaggi, anche in Spagna potrebbe esserci una novità. Si era chiuso sulle note di “Bella Ciao” in un abbraccio proprio con il leader del partito spagnolo Podemos l’ultimo comizio di Alexis Tsipras, a capo del partito vincitore delle elezioni greche, prima del voto di ieri. Non è un caso che i due leader dei due partiti progressisti si trovassero sullo stesso palco. Sono infatti tantissimi e importanti i punti in comune tra le due forze politiche, che godono dell’appoggio di circa il 30 per cento dell’elettorato nei rispettivi paesi. Entrambi, infatti, sostengono programmi sociali a favore delle fasce più disagiate della popolazione, una riforma fiscale che aumenti le tasse sulle classi più abbienti e una limitazione dei vincoli legati all’appartenenza all’eurozona.

Sia in Spagna che in Grecia la disaffezione degli elettori nei confronti dei partiti tradizionali è aumentata significativamente negli ultimi anni e ha spinto molti di essi verso nuove forze politiche, nate dal basso come nel caso di Podemos, un’emanazione del movimento di protesta degli Indignados. Podemos si propone come un partito contro la “casta”, i privilegi della classe politica e la corruzione, chiede il controllo pubblico delle banche, l’inasprimento delle pene per i reati fiscali, il salario minimo e l’abolizione delle misure d’austerità imposte dall’Ue.

Alle ultime elezioni europee, a maggio, il nuovo partito spagnolo ha ottenuto l’8 per cento dei voti ed ora si è avvicinato al 30 per cento nei sondaggi. La sua campagna elettorale di maggio, costata solo 150 mila euro, è stata giudicata dagli spagnoli come la più efficace. In Grecia, la forza di Tsipras e del suo partito Syriza si basa su proposte molto simili a quelle di Podemos. Syriza sostiene innanzitutto che il governo greco debba rinegoziare il debito con la troika (Commissione Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale). La Grecia ha bisogno della sufficiente disponibilità finanziaria per investire nuovamente nel welfare state, nei settori della sanità e dell’istruzione in particolare, dove mancano personale e risorse.

Altre proposte riguardano una riforma organica del sistema fiscale per aumentare la raccolta delle tasse e ridistribuire le entrate e un aumento del salario minimo fino a 750 euro. Molti cittadini greci in questo momento non possono permettersi di pagare le tasse o l’assicurazione sociale perché non dispongono delle somme necessarie: per questo Syriza chiederà a Bruxelles anche una rateizzazione del debito, così da poter versare meno denaro ogni anno nelle casse dell’Ue e utilizzare i “risparmi” per ridurre le imposte sulle classi meno abbienti e investire in programmi di welfare.

Syriza propone, infine, elettricità gratis per 300mila famiglie sotto la soglia di povertà, sovvenzioni alimentari, cure mediche e farmaceutiche accessibili a tutta la popolazione, oltre a un rafforzamento della Costituzione che intensifichi la lotta contro la corruzione e i controlli sulle imprese private. Tsipras è ormai consapevole che il suo partito non è solo, anche se molti lo dipingono come il “Grillo” della Grecia. In Europa, ormai, sono diversi i governi che non credono più nelle rigide misure economiche imposte dalla Commissione: l’esecutivo francese ha rifiutato nuove misure di austerità a ottobre scorso e la stessa Bruxelles è stata paralizzata da uno sciopero anti-austerity a dicembre.

Il risultato delle elezioni in Grecia potrebbe rappresentare quindi un monito al cambiamento: a Bruxelles nessuno si aspetta uno strappo da Syriza, anche se più volte è stata ventilata l’ipotesi di un’uscita del paese dall’euro. Quello che è certo, però, è che le richieste di cambiamento, di democrazia e di redistribuzione della ricchezza di milioni di cittadini europei non potranno rimanere inascoltate.

G.L. -ilmegafono.org