La chiamata alle armi, alle leggi speciali e alla collaborazione dei cittadini arrivano dopo l’allerta terrorismo degli ultimi tempi. Situazione scontata ma pericolosa. Tutte le cacce alle streghe mi fanno venire in mente due canzoni. Ricordo le parole di Jovanotti, nel brano di successo Safari: “Ci sono armi nei supermercati e mettono i beep nei vaffanculo, ci dicono continuamente che nessuno è al sicuro, ma questo lo sapevo già e non è mai stata una buona scusa per barricarmi dentro casa, la tele accesa e la porta chiusa”.

Assolutamente in tema anche i Bloc Party con la loro Hunting for witches (“I was sitting, on the roof of my house, with a shotgun and a six pack of beers, six pack of beers, six pack of beers. The newscaster says, ‘The enemy is among us’ as bombs explode on the 30 bus, kill your middle class indecision, now is not the time for liberal thought,  so I go hunting for witches”).

Lo scalpore suscitato è comprensibile, ma non si può ignorare che l’attenzione mediatica, giustificata, è nettamente superiore a quella riservata ad altre situazioni. Una su tutte. Il fenomeno mafioso in Italia, capillare tanto quanto quello dell’estremismo, perché non ha mai attirato tutte queste attenzioni? Perché, ad esempio, non ha raccolto spesso l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale la TV di Pino Maniaci (Telejato, di cui abbiamo parlato molto su queste colonne) e le minacce che ha subito?

Perché l’articolo de Il Giornale con gli indirizzi delle persone segnalate dagli Stati Uniti ottiene così tanto clamore (e poche critiche)? L’omertà, finché tocca e danneggia gli altri, non fa così male. Quando la paura arriva nelle nostre case ci sentiamo più vulnerabili. Viene da pensare che il cancro mafioso non faccia abbastanza paura. Nel terrorizzare, i nazisti dell’Isis sono dei maestri, utilizzando la comunicazione in modo eccellente rispetto ai loro fini. Questioni di esigenze, questioni di fini diversi. Servirebbe però trattare in maniera simile minacce simili e non avere sempre bisogno di qualche morto ammazzato per drizzare le antenne e riscoprire il gusto per la libertà di espressione e la serenità di vivere.

L’attenzione andrebbe convogliata verso chi quotidianamente vive nella paura delle ritorsioni perché non paga il pizzo, perché fa inchieste scomode, perché indaga dove qualcuno preferirebbe si lasciasse perdere, perché ha visto cosa non doveva vedere, perché ha denunciato un sopruso. Dove siamo tutti noi e le nostre paure da vigliacchi in quelle circostanze? Nessuno che dica che quel giornalista è minacciato dalla mafia. Forse dovremmo riflettere di più sui vari terrori che ci circondano.

Penna Bianca -ilmegafono.org