Lo scorso novembre si è tenuto a Sydney il World Parks Congress dell’International Union for Conservation of Nature (Iucn), evento che ogni dieci anni tira le somme sulla situazione ambientale del nostro pianeta, al quale hanno partecipato 6.000 delegati di oltre 170 Paesi, tra cui ministri dell’ambiente, vertici delle grandi associazioni ambientaliste ed esperti del settore.

Il documento simbolo dell’occasione, “La promessa di Sydney”, sottoscritto da governi e organizzazioni non governative, si conforma a tre parole chiave: invigorire (gli sforzi di conservazione), ispirare (le popolazioni ad amare la natura attraverso le aree protette) e investire (in soluzioni pro-natura e pro-biodiversità). Si prospettano quasi 100 impegni a favore della natura, tra cui la conservazione di zone protette nel mondo, nel quadro di uno sviluppo sostenibile, l’estensione di aree marine, l’arresto di perdita di foresta pluviale, la necessità di salvaguardare la biodiversità, la battaglia contro i cambiamenti climatici e la riduzione del rischio di disastri.

“Le aree protette – ha sottolineato la direttrice generale dell’Iucn, Julia Marton-Lefèvre – sono di gran lunga il miglior investimento che il mondo può fare per affrontare alcune delle più grandi odierne sfide dello sviluppo. Il Congresso ha dato propulsione ad impegni importanti da parte dei leader a tutti i livelli della società, per assicurare i benefici che le aree protette forniscono all’umanità e garantire un futuro sostenibile. Sulla base della conoscenza collettiva di oltre cinquemila tra i migliori esperti delle aree protette – e molti altri che hanno a cuore il futuro del nostro pianeta – la promessa di Sydney ora ingloba le strategie innovative per proteggere questi luoghi eccezionali”.

Al congresso, la delegazione italiana di Federparchi ha spiegato che, per poter portare avanti l’obiettivo pronosticato, bisognerebbe che queste aree protette siano realizzate in punti strategici per prevenire una successiva estinzione di specie, proteggere a livello mondiale un ulteriore 1,6 per cento delle aree terresti, l’1,6 per cento delle aree marine entro i confini nazionali e, in più, riconosce l’importanza del contributo che i popoli indigeni e le loro comunità potrebbero dare alla causa.

Durante il summit, è stata resa nota la versione più recente della lista rossa, la quale riporta dati che non lasciano indifferenti: il 29 per cento delle creature terresti è minacciato, 832 specie sono date per estinte, 69 esistono solo in cattività e altre 4.000 sono classificate come criticamente in pericolo. Dinanzi a queste cifre ci rendiamo conto che, a causa del nostro costante e incessante desiderio di risorse, a farne le spese è il nostro pianeta, che ogni giorno perde diversità di vita.

“Disponiamo di prove scientifiche secondo cui le zone protette possono svolgere un ruolo essenziale per invertire la tendenza. Non si tratta solo di proteggere le bellezze della natura, ma di tenere in vita luoghi che ci forniscono acqua, cibo e medicine, e ci proteggono da disastri come uragani e tsunami”, ha aggiunto Julia Marton-Lefèvre.

Si spera che le promesse fatte vengano realmente attuate e che non restino tale. Non c’è più tempo, l’ambiente necessita di un cambiamento repentino.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org