Mentre si vanno intensificando le iniziative in tutto il Paese contro le scelte devastatrici del decreto Sblocca Italia, la Camera dei Deputati, il 30 ottobre scorso, ricorrendo al voto di fiducia, ha convertito tale decreto legge (n. 133), che ora passa al Senato per l’approvazione definitiva. Il resoconto stenografico delle dichiarazioni di voto della seduta dimostra l’assoluta indifferenza di quasi tutti i gruppi politici alle proteste di centinaia di associazioni ambientaliste e di comitati di cittadini contro le scelte di sconvolgimento ambientale e di rischi gravi per la salute, contenute nel decreto. Tutti i parlamentari dei partiti di maggioranza, ad esclusione di Civati (che ha votato contro), irreggimentati nella logica renziana di accentramento delle decisioni e di svuotamento delle autonomie locali, hanno avallato decisioni che, se non verranno bloccate, riporteranno indietro l’orologio della faticosa crescita economica e democratica dell’Italia. Non innovazione e un nuovo modello di sviluppo, ma solo il depauperamento delle vere risorse produttive, ambientali e culturali dell’Italia.

Gli emendamenti al testo originario del decreto, spacciati come elementi di riequilibrio di macroscopiche distorsioni, non modificano in alcun modo l’impianto del provvedimento. A parte le risibili e mediocri argomentazioni dei leghisti e di Forza Italia, i gruppi di opposizione di Sel e del Movimento 5 stelle hanno sollevato critiche e contestazioni fondate, ma hanno il torto di non saper parlare ai cittadini. L’art. 38 del decreto sblocca Italia, laddove afferma che “le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili”, aprendo la corsa generalizzata alle fameliche orde dei petrolieri per la ricerca di gas e petrolio in mare e sulla terraferma, rimane come un macigno pronto ad abbattersi rovinosamente sulla nostra penisola. L’appello di Greenpeace, Legambiente e Wwf, lanciato da tempo, sui gravi pericoli di una scelta politica che avesse deciso di puntare sulle energie fossili, si misura oggi con una situazione di emergenza nazionale.

Le collusioni tra politica e petrolio hanno già provocato guasti terribili in Basilicata, in Adriatico, in alcune zone del mar di Sicilia. Ma sono solo ferite che diventeranno piaghe incurabili, estese e deformanti, se parte il piano cinico, antieconomico e irresponsabile, concepito dal governo Renzi. Le comunità non ci stanno e i comuni ed alcune regioni hanno deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale l’art. 38. È manifesta l’incostituzionalità di norme che escludono le istituzioni locali e i cittadini da decisioni che modificano l’assetto e le risorse di un territorio. Nell’area del Canale di Sicilia cresce il fronte della protesta. Dopo il ricorso al Tar del Lazio, inoltrato dalle associazioni ambientaliste, da quelle di categoria (Legacoop Pesca Sicilia) dai comuni e dalla loro associazione contro la realizzazione del progetto “Off-shore Ibleo” di ENI (sei nuovi pozzi di produzione e due permessi di perforazione esplorativa), c’è un forte fermento nei territori contro i nuovi invasivi piani di prospezione nelle aree marine.

La campagna di informazione di Greenpeace e le azioni dimostrative della nave Rainbow Warrior, con la pacifica occupazione della piattaforma petrolifera Prezioso, insieme alla rete dei comitati Notriv, hanno accelerato le reazioni delle comunità locali. Molti comuni hanno anche deliberato il netto No alla ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi nel canale di Sicilia e alle previste attività di prospezione che la texana Schlumberger vorrebbe realizzare, con il bombardamento dei fondali in un area complessiva di 6.380 kmq, al largo di Agrigento e tra Capo Passero e Malta. Greenpeace con la campagna “Non è un Paese per fossili” ha dimostrato il disastro immediato e futuro che sia le trivellazioni previste sia le prospezioni con la tecnica dell’airgun determinerebbero nelle aree marine: non solo inquinamento, ma un’incalcolabile distruzione del patrimonio di biodiversità del mare siciliano, con effetti disastrosi per le attività della pesca e per le stesse attività turistiche delle aree costiere.

Gli incontri realizzati a Licata, con la grande marineria di Mazara del Vallo e quelli, per ultimo, realizzati a Siracusa il 18 e il 19 ottobre scorso, hanno dimostrato la inaccettabilità di perseguire l’obiettivo nefasto della ricerca di idrocarburi. I costi per le popolazioni e per l’ambiente sarebbero altissimi: un disastro ecologico e la rovina di migliaia di famiglie che vivono delle attività della pesca e di quelle ad essa collegate. Un’alterazione irreversibile dell’ecosistema, oltre a tutte le conseguenze che in un’area ad alta intensità sismica potrebbero verificarsi. A Siracusa, a bordo della Rainbow Warrior (guarda video sotto l’articolo), abbiamo raccolto la forte protesta di Enzo Maiorca, di un uomo straordinario, non solo per le sue memorabili imprese sportive, ma per il rapporto di amore e di rispetto per il mare. “Ribelliamoci”, ha detto con veemenza. Quello che vogliono fare per realizzare le prospezioni sismiche sono delle vere esplosioni che “se le utilizzassero i pescatori finirebbero in galera”. Bisogna bloccare questa classe politica “che ci vuole asservire”, ha concluso Maiorca.

Da Alessandro Giannì, direttore della campagna Greenpeace Italia, abbiamo invece avuto la conferma del forte impatto che subirebbero la pesca e il turismo, oltre alla distruzione di delicati sistemi di biodiversità. “Sappiamo di grandi operatori turistici – afferma Giannì – che hanno minacciato di disinvestire in Sicilia se ci fosse uno sviluppo di queste attività petrolifere. Abbiamo importanti rapporti con la marineria siciliana e abbiamo fatto vedere i progetti di bombardamenti a tappeto delle prospezioni con gli effetti distruttivi per il pescato”. “Noi chiediamo – prosegue – a questi soggetti economici e alle popolazioni di attivarsi. Occorre dare un messaggio chiaro: far capire che se si parte con queste trivellazioni c’è il problema di una brusca presa di coscienza che può portare ad una ribellione incontrollabile. Oggi è la ribellione ad un progetto, domani potrebbe diventare una rivolta più brusca”.

La possibilità di una vera e propria mobilitazione dell’intera marineria siciliana contro il piano di prospezioni e trivellazioni, in pratica un blocco dei natanti da pesca nelle aree individuate, come forma di opposizione attiva potrebbe diventare un forte deterrente. Giannì non esclude che esistano le condizioni per una presa di coscienza più ampia, ribadendo che occorre superare alcune barriere e creare elementi unificanti. Greenpeace è comunque pronta a dare il proprio sostegno e, nel momento in cui sarà identificato un preciso obiettivo, saranno pronti a chiedere non solo ai pescatori, ma anche ai cittadini che amano il mare, un’adeguata iniziativa.

Intanto a Noto, simbolo della lotta contro le trivellazioni nell’area degli iblei, il 3 novembre prossimo si svolgerà un incontro dei sindaci siciliani contrari allo sblocca Italia per convergere su una delibera comune per chiedere, come si legge nella bozza, “al Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, di rivedere le norme del Decreto “Sblocca-Italia” e in particolare l’articolo 38 che hanno un impatto diretto sui territori e sul mare della nostra Regione e che estromettono i territori interessati dai processi decisionali; alla Deputazione nazionale eletta in Sicilia un intervento per modificare, in sede di conversione in legge, le norme sopra citate; al Commissario dello Stato, Carmelo Aronica, di valutare, ai sensi dell’articolo 30 dello Statuto Siciliano, l’incompatibilità delle sopra citate norme con le prerogative dello Statuto siciliano; al Governatore della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, di chiedere al Governo e al Relatore del decreto legge Sblocca Italia di abrogare l’articolo 38 del D.L. n.133/2014, e, in caso di conversione in legge del decreto, di procedere all’impugnazione di detto articolo di fronte alla Corte Costituzionale, previa convocazione urgente dell’Assemblea Regionale Siciliana, per quanto di Sua competenza (ai sensi dell’articolo 30 dello Statuto Siciliano)”.

Salvatore Perna –ilmegafono.org