I raid aerei della Coalizione internazionale a guida statunitense nella città curdo-siriana di Kobane, assediata da oltre un mese dalle milizie dello Stato islamico di Iraq e Siria (Isis), hanno provocato oltre 550 vittime in meno di un mese, in gran parte combattenti jihadisti, ma anche 32 civili tra cui donne e bambini. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, i qaedisti hanno ucciso invece almeno 662 persone dall’inizio dell’offensiva su Kobane. La situazione nella città resta drammatica e, per quanto proseguano i bombardamenti contro le forze jihadiste, non sembra destinata a migliorare. Washington ha già chiarito infatti che per ora la priorità è combattere l’Isis in Iraq, mentre la Turchia non è disposta a inviare truppe di terra in Siria in aiuto ai curdi.

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha annunciato nei giorni scorsi che Ankara ha dato il via libera al passaggio dei Peshmerga (le forze del Kurdistan iracheno) sul suo territorio per raggiungere la Siria e unirsi alle Unità di protezione del popolo (Ypg, braccio armato del Partito dell’unione democratica, Pyd) a Kobane. Allo stesso tempo, però, Erdogan ha duramente criticato all’inizio della settimana il lancio di aiuti umanitari e militari effettuato dagli Stati Uniti per via aerea a Kobane. “Quello che è stato fatto si è rivelato sbagliato – ha detto Erdogan durante una conferenza stampa ad Ankara – perché alcune delle armi lanciate sono state trafugate dai miliziani dello Stato islamico”.

Alla posizione “ambigua”  della Turchia, il cui vero obiettivo, nel conflitto siriano, è rovesciare il regime di Bashar al Assad, si aggiungono le divisioni interne ai curdi. La comunità curda distribuita in diversi stati della regione conta circa 20 milioni di persone. Non tutte però aderiscono alla medesima causa politica. Non corre buon sangue ad esempio tra il Pyd, ala siriana del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) di Abdullah Ocalan, e l’amministrazione del Kurdistan iracheno guidata da Massoud Barzani, nonostante il Pyd abbia accettato “temporaneamente” l’aiuto dei Peshmerga a Kobane. Il Pyd aspira infatti a mantenere la sua egemonia nelle zone della Siria a maggioranza curda, mentre Barzani non ha mai nascosto l’ambizione di formare un grande Stato indipendente dove confluiscano tutti i curdi della regione.

Non va dimenticato inoltre che Barzani gode di ottimi rapporti con il presidente Erdogan, dati gli stretti legami economici tra Ankara ed Erbil, mentre il Pkk e il Pyd sono nella lista delle organizzazioni considerate terroristiche dalla Turchia. Il futuro di Kobane è quindi molto incerto: da una parte i raid alleati che non sembrano essere sufficienti a contrastare la minaccia jihadista; dall’altra, una situazione fluida tra le file dei combattenti curdi che, per altro, non dispongono di armi e strumenti efficaci contro  i miliziani meglio equipaggiati dello Stato islamico.

 G.L. -ilmegafono.org