Uno dei più grandi scandali degli ultimi anni è sicuramente il tragico terremoto dell’Aquila. Caratterizzato da pressapochismo prima e dopo l’evento. Prima, per quanto riguarda la prevenzione, unica arma contro il terreno che vibra. Dopo, per i roboanti annunci del “presidentissimo” Berlusconi. Anche in quel caso si “parlava, parlava” ma poi si faceva poco. Sì, gli stessi roboanti annunci che portarono il vertice del G8 da La Maddalena a L’Aquila, con il consueto seguito di opere a metà e vergognose lacune.

Il sequestro di 800 balconi dei prefabbricati costruiti nel post terremoto a L’Aquila è l’ultimo, ennesimo, avvilente e sconfortante episodio di una vicenda lunga. La tragedia del 6 aprile invece che far riflettere è stata, sembra, l’ulteriore occasione per speculare, rovinare. La pericolosità di quelle nuove case è ancora più tragica. Lì dove servivano concretezza, rapidità e solidità è arrivata soltanto la solita precarietà che non può far altro che gettare nuovo e non necessario discredito su uno Stato che non sa neanche controllare le proprie opere e neanche prova a intervenire seriamente, con efficacia nel momento in cui ce n’è più bisogno.

Poco importa, sotto questo profilo, che le responsabilità siano da attribuire ai fornitori. Anzi, è ancora più importante per riflettere, una volta di più sul ruolo, le modalità e le messe in opera degli appalti. Prima o poi, ci si augura che questa manfrina odiosa del danno sul danno e delle beffe finisca e si possa finalmente tornare ad aver fiducia nel prossimo soprattutto quando si tratta di chi ti deve tutelare.

Se poi i sequestri dei balconi si concretizzassero contro qualcuno in particolare, allora si dovrebbe anche ripensare al nostro, quotidiano, modo di vivere e di prendere lavoro, attività professionale o relazioni come un circo in cui siamo sulla sabbia a dimostrare chi è più furbo.

Penna Bianca -ilmegafono.org