L’assalto al potere, la spallata, la rivoluzione sono tutti concetti e termini ormai finiti nel macinino della storia trascorsa (per fortuna) di una campagna elettorale esasperata e spinta all’estremo verbale e comportamentale. Un’esasperazione che, come era prevedibile, si è tramutata in un boomerang per coloro i quali, con un atteggiamento più maturo e responsabile, avrebbero probabilmente potuto contenere i danni. Non faccio parte di chi pensa che prendere il 21% alla sua prima competizione europea sia un flop o una debacle, perché parliamo di una percentuale importante per quello che non è un partito, ma un movimento nato da poco Di sicuro però è un segnale, così come sono segnali quei tre milioni di voti in meno rispetto alle elezioni politiche, anche se il sistema elettorale e lo spirito del voto sono differenti. La botta c’è stata e si vede.

C’è un silenzio che sembrava impossibile auspicare fino a poche settimane fa: la spocchia del leader e la sua arroganza autoritaria spaventano di meno e cominciano a produrre, tra gli elettori, i simpatizzanti e persino qualche militante, i primi concreti segni di stanchezza e insofferenza. Gli errori commessi sono divenuti macigni e risultano fin troppo evidenti per essere taciuti o nascosti. Soprattutto se poi si continua a sbagliare. Si rischia la farsa e, se alcuni irriducibili sono disposti a seguire il loro capo fino all’autodistruzione, altri, più dotati di onestà intellettuale, sembrano non starci e non intendono svendere i propri principi per un calcolo politico. Lasciando perdere il pessimo e poco originale rigurgito sui presunti brogli elettorali (idiozia pura) e le agghiaccianti nostalgie della ghigliottina, il caso che fa più discutere è l’alleanza nel parlamento europeo.

Un’alleanza quasi obbligatoria per tutti quei partiti che non hanno una identità immediatamente collocabile in uno dei gruppi dell’assemblea europea: da soli non si conterebbe nulla e non si avrebbe la forza per portare avanti le proprie idee e battaglie. Grillo è chiamato dunque a fare ciò che non fece dopo le elezioni politiche, quando perse un’occasione storica (con un notevole potere di condizionamento) rifiutando l’alleanza di governo con Bersani. Allora si diceva che avrebbero rischiato di perdere consensi successivamente, di tradire il movimento e gli elettori, che avrebbero giudicato male un accordo con il Pd, ossia con una forza moderata accusata di rappresentare il vecchio potere che ha portato al declino dell’Italia.

Motivazioni magari non del tutto condivisibili, ma che in ogni caso erano espressione di una linea coerente e integralista di un movimento nato proprio in risposta al fallimento della politica italiana degli ultimi decenni. Una scelta non per forza conveniente, dunque, soprattutto in un momento storico nel quale bisognava formare un governo almeno per cambiare la legge elettorale e rivotare (forse ci saremmo risparmiati questo obbrobrio renziano), ma ad ogni modo comprensibile e coerente. Almeno fino a prima di queste elezioni europee. Perché adesso tutto si svela per quello che è realmente e che in pochi avevamo sostenuto sin dall’inizio, quando l’intero Paese (in primis illustri intellettuali, artisti, opinionisti e giornalisti) sembrava malato di grillo-mania o ne difendeva e giustificava logiche e comportamenti.

Oggi sono tutti sorpresi dalla scelta di Grillo di allearsi con Nigel Farage, euroscettico, leader dell’Ukip, di una forza conservatrice di destra, estremamente liberista, nuclearista, che vuole la rottura dell’Eurozona ed esprime posizioni preoccupanti nei confronti dei diritti umani. L’Ukip, infatti, per voce di molti suoi deputati oltre che dello stesso Farage, ha manifestato e manifesta pericolose concezioni xenofobe e razziste (basta leggere il suo manifesto 2013), considera una minaccia gli immigrati, anche solo sulla base della loro provenienza etnica, ma non risparmia nemmeno le donne, soprattutto le madri lavoratici (“Le madri lavoratrici che prendono il permesso di maternità valgono meno degli uomini”, ha dichiarato il suo leader), né gli omosessuali (provate a cercare in rete, anche sui giornali britannici, la carrellata di dichiarazioni terribili di molti esponenti di primo piano del partito).

Insomma, Grillo ha scelto Farage, lo ha difeso, ha pubblicamente speso parole di stima per lui. Stima ricambiata dal politico inglese. Oggi molti si stupiscono di questo e protestano. Anche dentro il movimento. Eppure in molti avevamo più volte sottolineato, beccandoci come minimo l’appellativo di “servi del sistema”, che Grillo in più occasioni, nei comizi, negli incontri pubblici, nel blog, nei VDay ai tempi dei Meetup, aveva susato parole offensive, semplificazioni nei confronti di temi importanti attinenti i diritti umani. Grillo è questo e la sua scelta è coerente. Sull’immigrazione, ad esempio, aveva offerto il peggio di sé, apostrofando albanesi e rumeni come delinquenti; poi, aveva parlato di buonismo della sinistra rispetto all’immigrazione, della necessità di rendere più difficili gli ingressi, della sua contrarietà allo ius soli e alla cittadinanza, eccetera. Aveva persino definito Umberto Bossi, leader della formazione politica italiana più razzista, uno “statista con due palle così”.

Tante, troppe idiozie che in molti hanno fatto finta di non sentire o provato a minimizzare, a relegare al rango di battute infelici. “Nel movimento la maggior parte non la pensa come lui”, ti rispondevano. E poi, per convincerti che Grillo non fosse di destra, ti parlavano della sua apertura ai matrimoni omosessuali e alle coppie di fatto. E adesso? Adesso che si vuole alleare con chi ha le sue stesse posizioni in tema di immigrazione e al contempo definisce “pervertiti” o “pedofili” i gay? Come la mettiamo? I fan, gli utenti o i cittadini del movimento, quelli che ti ammettono di aver votato sempre a sinistra prima di Grillo, cosa pensano di fare? Sono pronti a passare anche sopra a questo orrore? Sono meno schifati per un’alleanza con Farage di quanto non lo fossero per un eventuale accordo con Bersani? Sono disposti a stare nello stesso gruppo di xenofobi, razzisti, misogini e omofobi?

Se la risposta è sì, allora mi auguro che quantomeno la smettano di dirsi di sinistra o di crearsi alibi e giustificazioni, piuttosto ammettano di essere ipocriti e di pensarla in realtà come Grillo anche su questi temi. Che non ci sono ragioni per le quali si debba stare dentro un movimento o partito e votarlo, anche quando esso è lontano dai nostri valori. La libertà critica e la rottura possono esprimersi in qualsiasi momento e luogo, a maggior ragione in contesti e casi che non comportano conseguenze vitali. Possono pure continuare a sostenere di essere diversi dal loro capo, ma se continueranno a starci insieme saranno suoi complici. O semplicemente suoi umili servitori.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org