Al netto delle solite, orribili oscenità che si leggono tra i commenti di blog e quotidiani on-line, ci sono i fatti a dimostrare quello che avviene alle porte (e all’interno) di questa Europa sempre sull’orlo di una crisi di nervi, ancor prima che economica. Al di là degli inviti di improvvidi giustizieri da tastiera, che auspicano affondamenti ed esecuzioni via mare, ci sono le immagini che lasciano perplessi e atterriti, sempre a patto che si disponga ancora di un briciolo di senso. L’argomento è spinoso, la questione controversa, ma il rispetto per la vita umana, di chiunque si tratti, non può mancare, perché altrimenti si scadrebbe nella barbarie e nella stessa logica che giustifica la pena di morte.

Gli spari di una nave della Marina italiana, la fregata Aliseo, verso una barca con a bordo sedici presunti scafisti, sono l’ultima immagine di un Mediterraneo che è sempre più confine, sempre più trincea, la cui superficie nasconde un cimitero di esseri umani, sogni, speranze, dolori, disperazione, ingiustizia. Spari, ben nove mitragliate che alla fine hanno provocato l’affondamento della barca e l’arresto dell’equipaggio. Il fatto è accaduto a novembre, Repubblica.it ha pubblicato il video (guarda qui) qualche giorno fa. Molti affermano che i Marò della Aliseo abbiano fatto bene a sparare per catturare i presunti scafisti, qualcuno pensa che sarebbe stato meglio “non fare prigionieri”, colpirli definitivamente e affondarli, come fosse un gioco, una battaglia navale, anche se tra imbarcazioni dalla portata e dalle dimensioni differenti.

Peccato però che i fuggitivi non erano armati, non avevano aperto il fuoco, non avevano dato alcun motivo ai marinai italiani di sparare per esser costretti alla resa. Le regole di ingaggio sono il vero problema, anzi sono la questione fondante all’interno di quella operazione, la “Mare Nostrum”, con la quale l’Italia, da ottobre scorso, ha deciso di pattugliare i propri confini marittimi. La vergogna peggiore, però, sta tutta nel dopo, nel fornire una verità diversa, anzi nel tacere quanto avvenuto. Far silenzio oppure, all’occorrenza, negare sempre.

Un insegnamento che dentro i corpi militari conoscono bene, utilizzandolo spesso per coprire le proprie responsabilità. Hanno detto che la nave era affondata per le avverse condizioni del mare, hanno parlato di resa degli scafisti. Se questo video non fosse stato reso noto da Repubblica.it, non avremmo saputo niente di questa giustizia sommaria costruita a colpi di mitra. Vengono i brividi a pensare a chissà quante cose o episodi simili o ancor più atroci non conosciamo e non sapremo mai. Vorrei sapere poi dove sono quei sedici scafisti, vorrei leggere gli interrogatori, sentire la loro verità su questa storia. 

Gli scafisti sono criminali della peggiore specie, certo, ma non importa, perché anche il criminale più incallito, anche lo sfruttatore più sadico, in un Paese democratico garantito da una Costituzione come la nostra, non può essere oggetto di colpi di arma da fuoco se non per casi molto estremi che chiamano in causa la legittima difesa. Un fatto grave su cui qualcuno, in alto, dovrebbe riflettere. Un caso di cui bisognerebbe occuparsi con interventi concreti e con sanzioni esemplari per i responsabili. Siamo in un momento delicato, siamo l’avanguardia di un’Europa nella quale si stanno facendo largo forze, concetti e parole che inneggiano alle soluzioni sommarie, alla distruzione, alle logiche militari di difesa del fortino .

Tutto questo non va preso sottogamba, non si può derogare ai principi fondanti di un’area democratica e moderna, non si può arretrare fornendo esempi che non sono in linea con il rispetto della vita umana, a chiunque essa appartenga. Una nazione che spara e lo fa per prima, senza una ragione di difesa, fornisce l’immagine peggiore che si possa appiccicare a uno stato o a un complesso di stati. Soprattutto fomenta e rinvigorisce quelle forze che sono pronte a strumentalizzare l’accaduto per gonfiare le pance viscide di tutti quei cittadini che vomitano le deiezioni della propria crudeltà e ignoranza dentro parole che, purtroppo, fanno il giro del web, dei bar, delle scuole, delle case, in cerca di consenso e legittimazione.

Tutte cose che poi, complice una politica che non oppone resistenza a questa degenerazione dei fatti e delle parole, rischiano di trasformarsi in voti e, dunque, in gestione del potere e delle leggi. Un rischio immenso che non possiamo correre. Per il nostro bene e per quello di chi verrà domani.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org