Le manifestazioni iniziarono la notte del 21 novembre 2013, quando scoppiarono proteste spontanee nella capitale Kiev, dopo che il governo ucraino aveva sospeso i preparativi per la firma di un accordo di associazione e di libero scambio con l’Unione europea, a favore della ripresa di relazioni economiche più strette con la Russia. Dopo alcuni giorni di manifestazioni, un numero crescente di studenti universitari si unì alle proteste. È ormai da molti giorni che si parla e legge di Ucraina. Le proteste nella capitale di Kiev, oltre a fare morti e feriti, sequestrare poliziotti, far fuggire presidenti con tavolette del gabinetto d’oro, si portano dietro molti interessi di carattere politico ed economico. Pur non avendo ancora ottenuto il risultato di integrarsi con l’Unione Europea, l’Euromaidan è stata ripetutamente caratterizzata come un evento di grande simbolismo politico per l’Unione Europea, in particolare come “il più grande raduno pro-europeista mai avvenuto nella storia”.

Perno di uno scontro internazionale, l’Ucraina è da sempre stata una vassalla di Mosca. Con circa 46 milioni di abitanti e indipendente dall’URSS dal 1991. Le principali attività economiche del paese sono il grano, il legname e l’estrazione mineraria. Ma vi sono due aspetti importanti: il primo è che l’Ucraina è tra i principali importatori di gas naturale, il doppio della Germania per fare un esempio; il secondo è che questo gas lo prende in buona parte dalla Russia. Con l’ascesa al potere di Juščenko e il conseguente spostamento politico dell’Ucraina verso l’Unione Europea, Gazprom tuttavia iniziò a tariffare il gas all’Ucraina al prezzo di 230 dollari, aumentando considerevolmente la precedente tariffa di 50 dollari, da sempre un prezzo di favore della Russia verso l’ex repubblica sovietica.

La Russia è la principale esportatrice mondiale di gas naturale, gli Stati Uniti recentemente l’hanno sorpassata però come principale produttore di gas naturale. Gli Stati Uniti sarebbero disponibili ad esportare la materia prima verso l’Europa per contrastare un blocco dei rifornimenti da parte del Cremlino, che alimenta i consumi di Kiev e di molti Paesi dell’UE.

Secondo il New York Times, Barack Obama, alle sanzioni che sono allo studio in queste ore sarebbe intenzionato ad affiancare la realizzazione di una nuova diplomazia energetica che permetta all’amministrazione americana di muoversi in modo aggressivo per sfruttare i vantaggi delle nuove risorse per ridurre le vendite di gas naturale russo, con l’obiettivo di indebolire nel futuro le mosse di Mosca. Ma se la strategia di Washington limiterà efficacemente il ricatto energetico del Cremlino, potrebbe allo stesso tempo avere pericolose conseguenze geopolitiche (che il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha comunque detto verranno prese in considerazione).

Significherebbe buttare la Russia nelle braccia della Cina, che malgrado la sua contrarietà agli interventi internazionali, non è affatto fuori dalla partita ucraina, come si può leggere in una nota dell’agenzia cinese Xinhua, dopo una telefonata avuta qualche giorno fa tra Vladimir Putin e Xi Jinping. Russia e Cina, si legge, collaboreranno su “grandi progetti”, Xi ha invitato Putin a Pechino, e ha detto che la crisi in Ucraina “che sembra essere accidentale, ha alcuni elementi di ineluttabilità”. “Attualmente – prosegue – la situazione in Ucraina è molto complicata”, ha detto il presidente cinese, che però crede che Mosca saprà gestire al meglio la pace e la stabilità. 

Un rischio da evitare per gli Usa, che hanno come punto principale della propria agenda globale il Pivot to Asia, una strategia di maggiore presenza ad Est e di contenimento della Cina, che un isolamento della Russia potrebbe paradossalmente rafforzare.

Italo Angelo Petrone -ilmegafono.org