Di rado sentiamo parlare di Land Art, ma in realtà è una tendenza dell’arte contemporanea nata alla fine degli anni ’60 del secolo scorso negli USA, e quindi vanta già quasi mezzo secolo di vita. Gli artisti che vi si dedicano usano gli elementi della natura (come legno, terra, pietre, ecc.) per piegare larghe porzioni di territorio al loro “volere”. Queste opere spesso sono effimere perché poste all’esterno, in balia degli agenti atmosferici, pertanto non durano molti anni ma vengono ricordate grazie alle riproduzioni fotografiche e ai video.

Oggi voglio presentarvi una di queste opere, “Desert breath”, che potete ammirare in questo video (clicca qui per vederlo), di cui sono venuto casualmente a conoscenza grazie ad un articolo del Daily Geek Show. Tre donne (Danae Stratou, artista; Alexandra Stratou, designer; Stella Costantinides, architetto), fondatrici di DAST Arteam, costituiscono l’equipe che ha progettato e realizzato in Egitto questa istallazione monumentale nel deserto del Sahara orientale.

Il deserto come un luogo in cui percepire l’infinito.

Su una superficie di 100.000 m2 di deserto, lungo il Mar Rosso, sono state spostate enormi quantità di sabbia in modo da costituire dei volumi conici positivi e negativi a formare due spirali con al centro uno specchio d’acqua del diametro di 30 metri. La spirale è simbolo in sé dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande, dalla conchiglia alla galassia: questa forma è la migliore forma rappresentante l’infinito.

Due spirali a simboleggiare l’incontro tra l’immensità del deserto e quella dell’Oceano, partorite dalla creatività di tre donne, simbolo esse stesse della creazione e del perpetuo evolvere della natura.

Quest’opera a dir poco monumentale, realizzata in nove mesi e, come vedrete dal video, con grande precisione, è sottoposta agli elementi della natura da ormai 19 anni e prima o poi scomparirà come ogni cosa.

Angelo De Grande -ilmegafono.org