Oggi, su queste pagine, un lettore potrebbe aspettarsi un ragionamento sugli ultimissimi fatti politici italiani, l’avvento di Renzi, il suo incarico, i suoi ministri, i giochetti di potere e il persistere di alleati scomodi, il suo precedente e sfacciato dialogo con il pregiudicato che ha affondato l’Italia (con complicità trasversali), la pochezza inquietante del suo programma e delle idee che annuncia. O magari ci si potrebbe attendere qualche parola sul triste spettacolo del faccia a faccia Grillo-Renzi in occasione delle consultazioni, sull’epifania del livello infimo raggiunto: da una parte il venditore di fumo dal viso pulito e gli abiti lindi, dall’altra l’esatta incarnazione dell’avventore abituale di un bar di provincia, “vox populi” senza troppi filtri e moderazioni, verace e con allergia patologica al confronto, al ragionamento e soprattutto al dissenso.

Sarebbe facile e comodo, incontrerebbe probabilmente l’attenzione del lettore, abituato a quest’orgia mediatica basata sul niente, dentro cui persino le parole (qualunquiste e superficiali) di una navigata showgirl a Sanremo sul caso dei Marò riescono a far notizia e ad appassionare il popolo e i mass media. E invece non troverete nulla di tutto ciò. Scusatemi, ma scelgo di stendere il buio sopra questo show del nulla. Preferisco parlare di altro, in particolare di una notizia, una di quelle vere proprio perché non riesce più a far notizia in questo Paese. Troppo ripetitiva, ma soprattutto un po’ magra: per farla diventare importante ci sarebbe bisogno di più orrore, di numeri più ampi, di scenari nei quali diverrebbe più facile il concorso corale alla retorica, così straordinariamente funzionale al potere e ai suoi tanti rinnegati.

Per star dietro al caos e alle ovvietà della politica di sistema, ci si perde la realtà di fatti umani importanti e urgenti, come quelli relativi agli sbarchi di migranti che continuano a giungere sulle nostre coste, con i soliti effetti tragici: non solo il dramma di un fenomeno epocale di cui nessuno si interessa (e se lo fa è solo in termini di chiusura e repressione), ma anche la morte, la consueta morte che non manca mai l’appuntamento con gli stenti di viaggi tremendi. Altri due cadaveri, arrivati insieme a centotrentacinque persone, stipate in una barca di appena sette metri: sono circa diciannove centimetri di spazio a passeggero, in mezzo al mare invernale, alla puzza di nafta, al freddo, alla fame, alla sete, al mal di mare e alla paura. Altre due vittime, andate via nel silenzio generale. Perché ce ne sarebbero volute almeno altre cento, forse, per poter garantire a questa notizia lo spazio necessario.

Perché è ancora valida la regola studiata in sociologia delle comunicazioni e fatta propria dal giornalismo anglosassone, ossia quella che assegnava cinicamente le diverse proporzioni di valore (e di “notiziabilità”) ad esempio tra cittadini americani e cittadini di altre nazioni relativamente a un fatto che li coinvolge. Ecco perché su due fucilieri che uccidono qualcuno e che il Paese delle vittime vorrebbe giudicare si riempiono righe e pagine (oltre ad appelli impropri), mentre su due disperati fuggiti dall’Africa, probabilmente somali, non si scrive che qualche trafiletto e pochi articoli. E non si solleva alcuna voce autorevole, né si grida allo scandalo. Molti dei lettori non se ne saranno nemmeno accorti o troveranno perfino “normale” il fatto, perché ragionano esattamente come i media di cui si nutrono e che li hanno “abituati ad abituarsi”, a non scomporsi più di tanto dinnanzi a tali avvenimenti.

D’altra parte, chi avrebbe dovuto agire per evitare quel che avviene non lo ha fatto e adesso latita lontano dalle proprie responsabilità, tutto impegnato nell’attesa di un altro governo non legittimo. La retorica di Lampedusa ha portato i suoi frutti, ossia riempire il buco di dolore e indignazione troppo evidente per rimanere vuoto e aperto, per poi far credere che con il graduale assopimento del lutto fosse finita anche la possibilità di crepare o di vivere situazioni tremende.

Non è cambiato nulla. O meglio, l’operazione Mare Nostrum ha permesso di soccorrere migliaia di migranti in viaggio verso le coste italiane, sottraendole al mare invernale, dispettoso e imprevedibile, ma nulla si è fatto per aggredire la rete internazionale di sfruttamento, né per organizzare un’accoglienza degna di questo nome. Se il centro di Lampedusa ha chiuso lo si deve all’azione del deputato Chaouki, alla sua denuncia “fisica”, unitamente a quella di alcune organizzazioni umanitarie. Ma nel resto del Paese, i CIE e la logica che li ha ispirati e li guida sono ancora radicati e intoccabili.

Perché non si ha il coraggio di sfidare il razzismo popolare fomentato da forze politiche chiuse e rozze, la loro polemica strumentale contro gli immigrati, la loro malafede culturale, l’ignoranza iniettata in un Paese che crede ancora che la crisi sia effetto dell’immigrazione, perché non ha mai letto né studiato economia, non ha mai letto i dati che ci dicono che senza il Pil prodotto dai lavoratori migranti (e aggiungiamoci anche gli irregolari) saremmo già crollati. Dimenticavo: neanche questo fa notizia, non passa su giornali o tv. E allora possiamo davvero pretendere che questa opinione pubblica fatta di cittadini/telespettatori lo sappia? C’è il web, si dice, ma è difficile credere che certe cose le possano leggere sui blog che tanto vanno di moda, perché nemmeno lì si fa informazione sul tema, che anzi finisce fagocitato dagli insulti più atroci dei vigliacchi da tastiera.

Lo ripeto spesso, non posso non ripeterlo anche alla fine di questo ragionamento: l’Italia ha un popolo e una classe politica che hanno la frenesia di mostrarsi buoni e umani soltanto quando c’è da piangere un po’, da commuoversi per il dolore o la morte dalle dimensioni gigantesche, per quelle situazioni cioè a cui non si può più porre rimedio, che non costano fatica. Giusto il tempo di sentirsi in qualche modo in pace con la coscienza, anche se quel dramma dipende da noi e alle domande sulla responsabilità facciamo di tutto per non rispondere. Passato il momento, seppelliti i morti, tutto torna come prima della tragedia o quasi. Per i vivi, per quelli che respirano e soffrono ancora, si vedrà. Sperando che non ci siano altri eventi capaci di diventar notizia. Come, ad esempio, la morte buia e snobbata di due esseri umani che speravano di arrivare qui e trovare almeno un po’ di pace e diritti. Un minimo di accoglienza. Di considerazione. Si sbagliavano su tutto, purtroppo. Anche loro.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org