La Comunità di Bosco Minniti è un’oasi di accoglienza gratuita e solidarietà umana alla periferia di Siracusa, una parrocchia povera ed essenziale anche nella sua architettura di mattoni grezzi e nel suo crocifisso in legno. È guidata da padre Carlo D’Antoni, un uomo di fede prima che un sacerdote, formatosi sull’esempio dei teologi della Liberazione. In 12 anni ha accolto quasi 20mila migranti e poveri di strada, gratuitamente, senza ricevere alcun contributo pubblico, facendo leva soltanto sullo sforzo volontario di fedeli, amici, laici, sul suo stesso stipendio e sul sostegno della diocesi di Siracusa.  “La chiesa è un portone aperto sulla strada e chiunque soffra o abbia bisogno può entrarvi. Non da ospite ma da padrone di casa”. Questo mi disse la prima volta che lo intervistai.

Il 9 febbraio di quattro anni fa, dentro quel portone aperto è entrato un mandato di arresto, segno tangibile di un’ingiustizia che apparve subito evidente. Padre Carlo fu accusato di aver predisposto false storie personali e false attestazioni di domicilio per i migranti di passaggio a Siracusa.  L’accusa sosteneva che i migranti in realtà non abitassero presso la parrocchia ma che, una volta ottenuto il certificato di domicilio, si spostassero altrove per lavorare o per cercare lavoro (da qui la presunzione di falsità dell’atto). Una contestazione assurda, non solo perché per legge al migrante sarebbe sufficiente un recapito nel quale essere rintracciato (cosa che la parrocchia ha sempre fatto), ma anche perché l’elezione del domicilio non presuppone assolutamente la permanenza del migrante, che può liberamente spostarsi sul territorio nazionale. Una prassi legale che seguono tutti, da Sant’Egidio al centro Astalli. 

Padre Carlo, dunque, è stato arrestato per un reato inesistente. 38 giorni di domiciliari, prima che il Riesame di Napoli ne disponesse l’immediata liberazione, con l’insolita espressione di perplessità sull’operato dei colleghi della procura di Catania e sul coinvolgimento del sacerdote per quello che ai giudici napoletani risultò chiaro non essere reato.  Il 30 gennaio scorso, dopo quattro anni di udienze rinviate, è arrivata l’assoluzione. Carlo non ha commesso il fatto.

Si conclude così una vicenda che aveva amareggiato non solo la comunità, che mai ha avuto dubbi sull’onestà del parroco e sull’opera di accoglienza svolta, ma anche centinaia di cittadini, intellettuali, uomini di fede che, dall’Italia e dall’estero, hanno indirizzato a padre Carlo fax, lettere e mail di solidarietà e stima. Un appello firmato da artisti, giornalisti, studiosi, scrittori, filosofi ha circolato in rete per tutti i 38 giorni nei quali il prete siracusano è rimasto ai domiciliari. Anche l’indimenticato don Andrea Gallo, nell’apprendere dell’arresto, come raccontò a una scuola catanese in visita nella sua comunità, si mise a piangere per l’ingiustizia commessa ai danni di un uomo di fede come lui.

“Sono stato accusato – dichiara padre Carlo poche ore dopo l’assoluzione – di reati gravissimi, ovvero di aver creato un’associazione a delinquere e che avrei dato un contributo essenziale a tale associazione, consentendo l’elezione a domicilio di diversi stranieri. Mi si accusava di aver tratto un ingiusto profitto predisponendo false storie personali e false attestazioni di domicilio. Sono stato in pratica accusato di essere stato coinvolto in quella parte del campo dove giocano le culture e le persone che da sempre ho osteggiato e condannato, dichiarando guerra aperta, senza diplomazia, senza ipocrisia e senza calcoli di convenienza”.

L’accusa apparve, sin da subito, assurda, priva di qualsiasi fondamento, disorientando tutti coloro i quali conoscevano da vicino quella realtà che da sempre è riparo di poveri di strada, disoccupati, clochard, ex tossicodipendenti e, soprattutto, migranti. “Un numero considerevole di stranieri – afferma il sacerdote – nel corso degli anni e fino a due giorni dal mio arresto, mi è stato accompagnato in chiesa, in modo informale, da personale della polizia di Stato, assistenti sociali, da personale dell’ospedale cittadino, da dipendenti della prefettura, da qualche assessore comunale. All’improvviso è stata calata un’ombra sulla parrocchia che veniva descritta dal pubblico ministero come un paravento per far prosperare i traffici di una associazione a delinquere con me come capo banda. La gente, i volontari, erano annichiliti, oltraggiati. Quello che più mi ha offeso è stato leggere nell’ordinanza che le mie azioni erano finalizzate al ‘prestigio sociale’ di difensore di poveri e padre di derelitti”.

Gli interrogativi sulle ragioni per cui il sacerdote sia stato arrestato per un reato inesistente, sono ancora tutti aperti, soprattutto considerando il modo in cui l’Ufficio Immigrazione della questura di Siracusa, in particolare i suoi dirigenti, si rapportavano alla parrocchia. “Spesso, troppo spesso – afferma padre Carlo – proprio sul senso preciso dell’ospitalità che davo, l’Ufficio Immigrazione mi ha sollevato delle obiezioni artificiose che hanno intralciato la mia azione di soccorso verso gli immigrati. Le chiamo artificiose perché in realtà nascondevano una impreparazione dell’ufficio stranieri della questura di Siracusa a gestire un flusso di utenti che si andava ingrossando continuamente. E più di una volta ho dovuto rivolgermi al ministero degli Interni, dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, per difendere me stesso e i miei ospiti dalle pretese di chi dirigeva l’ufficio stranieri”.

Se a queste parole si aggiungono quelle pronunciate dal legale di padre Carlo, l’avvocato Sofia Amoddio gli interrogativi diventano inquietanti: “L’intero procedimento penale – ha detto – si fonda principalmente su un’interpretazione errata da parte degli organi inquirenti sulla natura delle dichiarazioni di ospitalità firmate da Padre Carlo in favore di numerosi cittadini stranieri richiedenti asilo o protezione internazionale nel nostro Paese”. (Clicca qui per vedere il breve filmato, pubblicato dal nostro canale Youtube, nel quale l’avvocato spiega, durante la conferenza stampa, il grave errore giudiziario alla base della vicenda).

“Con il mio arresto – afferma padre D’Antoni – si è cercato di colpire una realtà unica a Siracusa: l’accoglienza a titolo gratuito e per semplice condivisione. Si è colpita una esperienza di popolo, si è cercato di cancellare la cultura dell’inclusione”.

Per fortuna la parrocchia non si è arresa e ha proseguito anche nei giorni peggiori la sua attività volta ad aiutare le persone in difficoltà a rimettersi in cammino, difendendone diritti e dignità.  “Mi ha sostenuto l’attestazione di stima che incredibilmente mi è arrivata da ogni parte d’ Italia. Meno male, altrimenti sarei sprofondato in un gorgo di solitudine nera proprio nel momento in cui scoprivo di essere indagato quale ‘regista’ di una trama perversa di sfruttamento e perversione”.

Ora che finalmente arriva questa assoluzione piena per un reato che non è reato, passano dinnanzi a chi conosce la Comunità di Bosco Minniti, mille cose, momenti, facce, nomi e cognomi, dolori, lacrime, rabbia, conati di rabbia, una luce accesa di una finestra maledettamente chiusa, il silenzio dell’altare e dei banchi quando la notte si chiudeva il portone della chiesa, mentre i ragazzi, angosciati dalla sorte del loro padre adottivo, dormivano sui materassi, imbacuccati nelle coperte.  Certo, è difficile dimenticare, anche dopo quattro anni, il veleno, la malafede, lo squallore di alcuni colleghi giornalisti, la volgare arroganza di alcuni poliziotti, l’ambiguità di certe richieste, l’ossessione, anche telefonica, per alcune interviste rilasciate dai volontari in tv.

Ma ciò che adesso preoccupa padre Carlo è fugare via anche il minimo dubbio sulla sua comunità: “Mi rimane il timore che un’ombra permanga sempre; ovvero che adesso che sono stato assolto, ci sarà qualcuno che possa dire che ‘qualcosa di losco deve essere sicuramente avvenuta senza che padre Carlo se ne accorgesse’. Lasciamo che la magistratura continui a fare il suo lavoro. E stiano tutti tranquilli, perché nella chiesa di Bosco Minniti non è mai accaduto nulla di quanto descritto nelle carte dal pubblico ministero”.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org

La facciata della chiesa di Bosco Minniti, a Siracusa

La facciata della chiesa di Bosco Minniti, a Siracusa