Siamo tutti un po’ drogati, in fondo. Chi di fumo, chi di sport, chi di informazione, chi di tecnologia, chi di musica e chi, last but not least, d’amore. Ognuno a suo modo, ognuno con le sue inclinazioni, ognuno con le proprie fisse. Ma tutti, inevitabilmente, dipendenti da qualcosa. Questo, in estrema sintesi, è il messaggio di Endorfine, una delle canzoni inserite ne “L’ultimo dei Nobraino”, album che evidenzia indiscutibilmente una profonda crescita del gruppo e il suo definitivo passaggio da band emergente a bellissima realtà del panorama musicale italiano. E la cosa migliore è che i Nobraino sono riusciti in questa impresa senza scendere a patti, senza cedere alla logica del “faccio di tutto pur di vendere”, mantenendo la loro genuinità, il loro stile, i loro temi e le loro sonorità.

Detto questo, c’è da notare come i Nobraino, pur non modificando il proprio paradigma, riescano anche ad introdurre elementi parzialmente nuovi, come la valorizzazione di altri strumenti: infatti, se nei precedenti album iniziava a farsi spazio, ne “L’ultimo dei Nobraino” è ormai consacrato il ruolo da protagonista ricoperto dalla tromba di Barbatosta (e, più in generale, dai fiati) che ormai costituisce sempre più un marchio di fabbrica del gruppo romagnolo e che contribuisce a creare quell’atmosfera, a tratti vellutata a tratti incalzante, che pervade tutto il disco.

L’album si apre con un inedito che poi inedito non è. Infatti, Esca viva, insieme a Il muro di Berlino, Il semaforo, Via Zamboni e altre ancora, sono canzoni già note a chiunque sia venuto ad un live dei Nobraino, ma nella versione studio guadagnano sicuramente in precisione e attenzione ai dettagli.

Fra le canzoni comunemente definite “d’amore”, troviamo Un’altra ancora, Luce e Lo scrittore. Quest’ultima, una vera perla, merita qualche riga in più. Fra sonorità country/folk ed un testo che sfiora la poesia, troviamo un innamorato che, rivolgendosi alla donna dei sogni, le racconta come “a furia di desiderarti, di descrivere le parti del tuo corpo, m’hai ridotto a uno scrittore”.
Altre tematiche care alla penna di Lorenzo Kruger, leader dei Nobraino, sono quelle riconducibili ad un immaginario popolare, abitato da personaggi strani, eccentrici, particolari.

Ne è un esempio il Bigamionista, un camionista che, costretto per lavoro a viaggiare tra Marsiglia e Siviglia, trova moglie in entrambe le città. O ancora, possiamo trovare Jacques Pèrvert (il cui nome spiega già molto), personaggio quasi caricaturale, che con la sua donna, il suo fiore, si limita a “baci qua, baci là, pudore e castità”, ma poi va “a fare sesso con la pornostar”. E infine, in Sotto al letto, i Nobraino riaffrontano il tema del tradimento, dell’amante che sta per essere scoperto dal marito, con il solito tono goliardico e scanzonato che li contraddistingue.

Molto interessante è l’idea di rivisitare una canzone come La ballata del Michè di Fabrizio De Andrè, provando ad immaginare una dinamica dei fatti diversi, un omicidio mascherato da suicidio che diventa quasi simbolo di una realtà cruda e spietata come può essere quella del carcere. Chiude l’album un vero e proprio inno che il gruppo dedica alla propria terra, la Romagna. Accompagnati quindi dalle cadenze tipiche della polka, immancabile protagonista dei repertori delle orchestre di musica popolare romagnola, i Nobraino esprimono il proprio amore per la loro bella terra, fatta di mare, canti, balli e Sangiovese.

Per chiudere e tornando al discorso iniziale, siamo tutti inevitabilmente dipendenti da qualcosa, sia quel che sia. Io, da diverso tempo ormai, sono musica-dipendente e posso dire con certezza che “L’ultimo dei Nobraino” è una buona droga da provare.

Penna Bianca -ilmegafono.org