Un fantasma si aggira per l’Europa: l’eurofobia. In primavera si voterà per rinnovare il parlamento europeo per i prossimi cinque anni e, per la prima volta nella storia europea, si presenteranno dei partiti con il chiaro intento di favorire l’uscita della loro nazione dalla moneta unica. Sono molti, infatti, i gruppi politici di rilievo contro l’unione politica e contro quella monetaria che stanno cercando di formare coalizioni per entrare duri e puri a Bruxelles con le loro proposte. Gli eurofobici sono tanti, molto diffusi nel continente, spesso partiti di minoranza e di opposizione. Cerchiamo di presentare i principali eurofobici del momento, tentando una breve analisi sulle conseguenze dell’uscita dalla moneta europea per una nazione.

La passerella degli anti-euro è lunga, vediamo i più influenti: Marine Le Pen con il suo Fronte National francese; Nigel Farage, leader dell’UKIP, partito per l’indipendenza del Regno Unito; Bernd Lucke, Alternativa per la Germania; Beppe Grillo, con il movimento 5 stelle in Italia; in Grecia, invece, tiene duro Alba Dorata. Molti di questi appena citati propongono l’uscita della loro nazione dalla moneta unica, quindi di tornare alla loro moneta originaria non tanto per nostalgia quanto per la sovranità monetaria. Bisogna fare delle precisazioni però, onde evitare di cadere nella banale sfida à la Disney di buoni e cattivi. Vi è chi ha posizioni più dure e chi invece vuole fare solo scena da un palco.

Iniziamo con Marine Le Pen, sopranominata “Giovanna D’Arco” dai media francesi. La Pasionaria di Neuilly-sul-Seine ha già condannato il progetto europeo e propone l’uscita della Francia dall’intero sistema europeo, sia politico che monetario. Inoltre, sta facendo un’ottima campagna acquisti per la formazione politica euroscettica “Alleanza Europea per la Libertà”. Qui si trova anche l’UKIP, di simili vedute, non per altro indipendentista. Ultime voci di corridoio parlano di un possibile ingresso nell’alleanza di Geert Wilders, leader del partito per la libertà olandese, molto vicino alla Le Pen anche per le posizioni estreme sull’immigrazione. Questo dovrebbe rappresentare il fronte più compatto degli eurofobici per le prossime elezioni.

Nel nostro paese è Beppe Grillo, con il suo movimento 5 stelle, e destare forti sospetti sulla moneta unica. Bisogna precisare, con onestà intellettuale, che l’uscita dall’Euro non è mai stata proposta ufficialmente e l’unica cosa che sappiamo di concreto è una fantomatica proposta di referendum sulla permanenza dell’Italia nell’Euro urlata sul palco da parte del comico. Referendum che per giunta sarebbe impossibile in quanto è una materia non sottoponibile a tale strumento di democrazia.

E se per caso uscissimo dall’Euro che fine faremmo? Immaginiamo che la moneta unica resti in piedi e solo qualche paese se ne tiri fuori tornando alla sua vecchia valuta. Intanto, la sua moneta si svaluterebbe subito, cosa molto favorevole per le esportazioni ma una fucilata in petto per le importazioni. Inoltre, tornando alla sua moneta, lo stato uscente tornerebbe anche a stampare in autonomia, il che significherebbe il ritorno dell’inflazione nella sua economia. I capitali così fuggirebbero a gambe levate, vista la svalutazione, e anche il debito pubblico avrebbe dei problemi in quanto pochi acquisterebbero titoli di una valuta che può essere svalutata dal comando di un solo governo. Quindi il paese dovrebbe continuare a vendere il suo debito principalmente al suo interno.

Insomma, immaginatevi l’Italia negli anni ’80, dei governi di De Mita, Andreotti, Craxi. Non per entrare nel merito politico, i governi dell’epoca usavano tattiche sofisticate per impiegare gli strumenti di politica monetaria a loro favore. Prima delle elezioni la Lira veniva svalutata, così si esportava meglio e si raccoglieva consenso. In più, il debito veniva emesso quando si voleva, tanto stampava la Banca d’Italia. Per l’Italia l’ingresso nella moneta unica è stata l’unica soluzione per evitare l’uscita dal club dei big. Club dei big che ci permette ancora, se pur con serie difficoltà, di usufruire di uno stato sociale e di una democrazia.

Ora queste sono tesi di lungo periodo e soprattutto tesi macroeconomiche (non quella macroeconomia delle formule arabo-idrauliche, ma quella della logica economica) che non fanno distinzione per i gruppi sociali. Prima abbiamo elencato i leader delle formazioni politiche che odiano il sogno europeo, ora sarebbero da elencare i cittadini e i gruppi sociali che votano le loro proposte e quindi le pongono in essere.

Piccoli imprenditori stremati dalla crisi, falliti o con il fallimento alle porte. Imprese più grandi, diciamo medie, che non riescono più ad esportare con questi tassi di cambio e subiscono la non competitività dell’euro su scala globale. Magari anche solvibili ma totalmente a secco di liquidità. Loro sono quelli che fuggono in Romania, Cina o Tunisia. Pensionati con sempre meno “euri” nella busta arancione. Piccoli negozianti, operai, disoccupati che pagano sulla loro pelle l’austerity imposta da Washington&co. Loro non vogliono sentire ragioni. A loro non importa che tra vent’anni, come dice Nouriel Roubini, o si fa l’unione politica e, aggiungiamo noi, del debito, o disgregheremo l’UE. Disgregazione che, dinanzi a colossi come l’India e il Brasile, porterebbe i nostri debiti pubblici a collassare.

Ciò non è facile da spiegare a chi la crisi la sta patendo con le sue mani. Proprio questo dovrebbe essere il punto di partenza per chi vuole che l’euro continui il suo cammino. Inoltre, sarebbe da capire perché gli eurofobici non chiedono che la BCE inizi a stampare moneta anziché richiedere un’autodeterminazione monetaria vecchia e tristemente romantica.

Perché la politica di certi partiti è incentrata più sull’uscita dall’unione politica che da quella monetaria e trova nella valuta unica soltanto la pretesa economica? Pretesa economica che potrebbe essere avanzata allo stesso modo chiedendo di stampare moneta alla BCE. Stampare moneta è un capitolo a sé, con pochi pro e molti contro, ma la domanda è lecita. E resta vero il fatto che molti partiti sopracitati, quello della Le Pen in testa, sono omofobi, razzisti e quindi nazionalisti. Le equazioni sono odiose.

Il primo pilastro sul quale venne fondata l’UE fu il “mai più”. Mai più una guerra tra paesi europei, mai più. Perché un “mai più” possa essere mantenuto dobbiamo però evitare le cause che portano alla guerra, che sono spesso economiche, adornate dall’ideologia. Difendere la moneta unica senza proporre vie alternative non serve a niente. Abbiamo la lotta contro le diseguaglianze, contro la disoccupazione giovanile e non. Lotte per favorire una sana immigrazione e un’aperta integrazione,  dobbiamo favorire la nascita di una vera cultura europea degna della nostra storia rinascimentale e risorgimentale.

Non voglio chiamarli euroscettici o anti-euro, a parere di chi scrive sono eurofobici perché semplicemente hanno paura di unirsi in culture diverse, di imparare gli uni dagli altri e soprattutto di scambiare liberamente idee, l’unica via per la salvezza della natura umana.

Italo Angelo Petrone –ilmegafono.org