Il potere, si sa, è ipocrita ed estremamente furbo. Anche quando è colto in flagrante, nel pieno delle proprie responsabilità e mancanze, riesce a barcamenarsi, a sfruttare la retorica di un momento drammatico, mostrando una faccia consapevole e affranta, umile e incredibilmente generosa, per calmare l’opinione pubblica e districarsi tra accuse e dita puntate contro. Lo strumento primario e immancabile utilizzato per mettere in atto questa operazione di ripulitura della propria immagine è sempre lo stesso: la promessa, l’affidare ad un futuro indefinito gli interventi correttivi, tutti intrisi di quella umanità e pietà che ben si sposa con la tragicità del momento. Qualcuno finisce per crederci, per fidarsi, anche grazie a un mondo dell’informazione che, tranne casi rari, si affanna per rendere sensazionale una dichiarazione, per costruirle attorno un fondamento convenzionale di sincerità innegabile, senza indagare sui contenuti di quanto affermato, senza verificare l’effettiva concretizzazione di un intento. E allora, alla retorica del dolore si sostituisce una nuova retorica, quella del potere che rinsavisce, prende coscienza, si prepara a cambiare direzione in senso positivo. Si smette di approfondire e ci si limita a riportare.

Da quel momento, è tutto un proliferare di nomignoli e soprattutto sigle, facili da pronunciare e memorizzare. Sigle che non vengono spiegate, ma solo buttate lì, nella speranza che il popolo le impari a memoria, recitandole come il ritornello ossessivo di una filastrocca che si ripete senza che ci si soffermi sul significato delle parole e di ciò che esse realmente descrivono. Frontex, questa è la sigla che adesso tutti ascoltano, leggono, imparano a pronunciare. Non è il nome di un personaggio da fumetto, né una medicina. È l’agenzia europea istituita nel 2005 allo scopo di controllare le frontiere dell’Europa per contrastare l’immigrazione clandestina. Dopo la tragedia di Lampedusa, Enrico Letta e i vertici europei hanno parlato della necessità di rafforzare Frontex, di dare nuova linfa alle operazioni di pattugliamento, in particolare sul Mediterraneo. Eurosur, altra sigla che comincia a girare sui media, è invece il nome di un programma dell’Unione Europea che prevede finanziamenti per la sorveglianza delle frontiere. Da Cipro fino alla Spagna, non ci sarà uno spazio privo di controllo, attraverso l’uso dei satelliti, l’impiego di navi (la Marina Militare italiana è già stata inviata sul Mediterraneo) e perfino di droni, gli aerei senza pilota usati di solito dagli USA in operazioni di guerra.

Una risposta militare a una questione umanitaria. Il dolore per le vittime di Lampedusa è già finito. Mentre le bare vengono distribuite e sepolte senza rito funebre nei cimiteri dell’isola siciliana, mentre gli arrivi continuano a Lampedusa così come a Siracusa e Ragusa, i potenti d’Europa si preparano ad attuare strategie di geopolitica e a riprendere la linea della fermezza, quella costata inutilmente diversi milioni di euro e diverse migliaia di vittime. Frontex, sin dalla sua nascita, ha tra i suoi fini principali quello di “combattere” l’immigrazione clandestina, respingere i barconi in viaggio, rimandandoli nei porti di partenza, o accompagnarli a Malta o a Lampedusa. Inoltre, uno dei punti più importanti riguarda la collaborazione con i Paesi extra Ue che si trovano all’esterno dei confini europei, prima fra tutti la Libia. Non aggiungiamo altro.

Alle parole di cordoglio e alla faccia di circostanza, Enrico Letta ha fatto seguire una serie di atti che confermano l’atteggiamento ipocrita e colpevole della politica italiana ed europea in materia di immigrazione. L’Italia, infatti, insieme a Spagna, Francia, Malta e Grecia starebbe rifiutando di approvare una direttiva Ue che impone a Frontex l’obbligo di soccorso e salvataggio dei migranti in mare. Una direttiva necessaria, viste le polemiche che in passato hanno riguardato proprio Frontex. Amnesty International, soprattutto, ha più volte denunciato la pratica dei respingimenti verso i Paesi di provenienza e l’utilizzo di metodi contrari alle convenzioni internazionali. Anche l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR) ha espresso dure critiche, perché i respingimenti impediscono di verificare la presenza a bordo di richiedenti asilo che avrebbero diritto di essere protetti e non rimandati all’inferno.

Un altro obiettivo dell’agenzia europea è quello di cooperare nelle attività di rimpatrio dei migranti, un genere di attività che viene svolta sotto traccia, ogni giorno, dai singoli Paesi dell’Unione e che, negli ultimi giorni, ha conosciuto un caso clamoroso in Francia, dove una ragazzina kosovara è stata prelevata su un autobus scolastico, arrestata e rimandata in Kosovo insieme alla sua famiglia, per il semplice fatto che la loro richiesta di asilo era stata respinta. Una fermezza crudele che ha messo in imbarazzo Hollande e creato un’ondata di reazioni di sdegno, con la richiesta di dimissioni (e perfino una denuncia per incitamento all’odio razziale) presentata nei confronti del ministro degli Interni, Valls. Insomma, la faccia bonaria dinnanzi alle bare nell’hangar di Lampedusa si è già mutata in algida espressione di durezza e indifferenza, perfettamente in linea con la storia recente e la logica dell’Europa “cittadella-fortezza”.

In Italia, il dibattito sull’eliminazione del reato di clandestinità e sul superamento della Bossi-Fini, è durato qualche giorno, durante il quale la posizione dell’alleato Pdl è stata espressa con il solito elenco di parole ignobili e battute razziste, con la solita cifra linguistica offensiva e disumana. Poi silenzio assoluto. Un silenzio rotto solo dalle parole sul rafforzamento di Frontex, sull’invio di mezzi militari per combattere gli scafisti (in che modo? Bombardando o speronando i barconi? O respingendo i migranti?) e, soprattutto, su nuovi accordi, con tanto di invio di mezzi e di soldi (lo prevede Frontex, ma anche Eurosur) agli stati di partenza, a cominciare dalla Libia. Addestramento di uomini, dotazione di mezzi militari, imbarcazioni (come quelle della Guardia di Finanza cedute dall’Italia ai libici), tutto concesso alla patria dell’ex dittatore Gheddafi, che è ancora un inferno, una nazione corrotta, dove esercito e polizia, in accordo con i trafficanti di esseri umani, si macchiano di violenze, stupri, torture, omicidi ai danni di migranti.

Diamo mezzi a chi traffica e mette sui barconi gente disperata e poi, per far vedere che rispetta gli accordi internazionali sul controllo delle coste, spara addosso a quegli stessi barconi. Alle spalle. Per ucciderne qualcuno, come un tiro a bersaglio sull’umanità. La logica europea e italiana (e di Frontex, Eurosur, Seahorse ed altre follie varie) è quella di impedire la partenza dei migranti. Come dire: meglio se muoiono in un carcere libico o nel deserto nel quale vengono respinti (cimitero a cielo aperto per migliaia di uomini, donne e bambini in fuga) piuttosto che in mezzo al mare, dove ci costringono a vedere e sapere, mettendoci davanti agli occhi la nostra complicità in genocidio. Questo è il vero obiettivo, quello principale, di ogni politica italiana ed europea sul tema. Questa è la ragione per la quale si continua a rivestire ogni normativa o programma d’azione con logiche securitarie rispetto a cui vengono sacrificati diritti fondamentali. Si spera sempre di far tutto nel silenzio, ma poi accadono le tragedie, come a Lampedusa o a Sampieri o a Catania, e si è costretti a tirare fuori il piano B, quello della recita ipocrita e delle promesse.

Ma basta poco, basta inventarsi qualche operazione militare, essere pazienti, attendere che trascorra qualche settimana, aspettare che luoghi come Lampedusa, Sampieri, Siracusa, Portopalo tornino ad essere solo nomi di località marinare siciliane, luoghi di turismo e di vacanza. La memoria, ai nostri tempi la influenzano i governi e i media. Dura poco, pochissimo, dura il tempo di una semplice sigla che non vuol dire nulla, ma che contiene tutti gli errori e il carico di morte che si decompongono dentro le vene ipocrite del potere. 

Massimiliano Perna –ilmegafono.org