C’è un’intervista (guardala qui) di Enzo Biagi a Berlusconi negli studi Mediaset. C’è il giornalista emiliano con l’aplomb che gli era propria e c’è l’imprenditore milanese raggiante e spavaldo nel fiore del successo. Per uno che è nato dopo è uno spettacolo impressionante. Al di là delle rughe in meno si capisce una genesi. C’è in quella dialettica, in quelle domande e in quelle risposte la contraddizione di questo Paese. Con gli occhi di oggi, con il senno del poi e con ciò che è successo anche tra i due personaggi, è facile vedere in quelle due figure la contrapposizione del prima e del dopo, degli opposti che si respingono, della voglia di mettersi con me o contro di me. È frustrante occuparsi sempre della stessa persona, argomentando sempre con le stesse idee e con le identiche ragioni.

L’unica cosa che cambia è la gravità dei fatti da commentare. D’altra parte non si può ignorare il ribaltamento della realtà di cui questo Paese è vittima da tanti lustri. È proprio il senso della realtà quello che manca. Si è relativizzato tutto, compresi lo Stato di Diritto, l’educazione, le poche certezze che nella vita si hanno tra giusto e sbagliato. Eppure, ogni settimana, siamo a dire più o meno le stesse cose, come una lotta contro i mulini a vento. Senza bisogno di essere idealisti come il cavaliere errante, anzi al contrario, è proprio provando a essere realisti e oggettivi che si resta spiazzati.

Ci sono interminabili altri problemi eppure forse solo adesso si capisce che il problema è, in verità, sempre lo stesso. È come essere censurati, implicitamente, dal poter trattare d’altro perché l’argomento in questione è così grave e profondo da toccare i principi del nostro ordinamento stesso. Senza ordine, senza poter individuare e condannare i colpevoli non si va da nessuna parte. Se non ci si libera dal giogo, culturale poi tradottosi in politica, siamo nella palude.

Il berlusconismo e il suo contrario, uniche due categorie ammesse in questi tempi, non sono solo una persona ma pensieri più o meno articolati che si sono annidati in moltissimi animi e coscienze. La prigionia di questo Governo è la prova tangibile dell’impossibilità di muoversi. Berlusconi sembra essere in minoranza eppure una sua “concessione” ha fatto restare in piedi il Governo. Se si gioca è lui a volerlo, se si ribalta il tavolo è sempre lui a volerlo.

Ci si augura che Letta gli sia ingrato e irriconoscente per il gesto, augurandosi al tempo stesso che la palude pseudo e neo centrista non faccia troppi danni per il momento. Ci sarà necessariamente un “dopo” che si porterà dietro il fardello della lotta o dell’appoggio al personaggio chiave di questi ultimi venti anni nel nostro Paese. Finirà questa era? Speranze e auguri labili e vani per gente ormai abituata alla frustrazione non solo delle speranze e delle idee ma soprattutto della realtà. Non vedendo dove si possa reagire forse non resta che aspettare, sereni, la fine, come l’alba prima dell’invasione.

Penna Bianca  –ilmegafono.org