Non è passato molto tempo da quando sui telegiornali ci bombardavano prima di notizie sulla crisi greca, poi di immagini di Gezi Park di Ankara, per poi partire con video sui violenti scontri contro i fratelli musulmani. A un certo punto, però, tutto termina per dare spazio alla situazione della Siria, ma intanto nei paesi sopra nominati le cose sono continuate. Nel caso ellenico si parla della disgregazione di un sistema sociale, licenziamenti di massa, malessere generale e aumento della soglia di povertà. In Turchia, invece, un capo del governo riesce  tranquillamente a opprimere manifestanti, arrestare i loro avvocati, scatenare forze armate cosicché qualche morto ci è scappato, come tutti sappiamo. In Egitto, una forza democratica eletta regolarmente, i fratelli musulmani, viene sommersa da una rivolta di cittadini ed esercito, e in pochi giorni vengono arrestati i suoi esponenti.

Vediamo, nel dettaglio, quello che è successo.

Ad Atene, a maggio si voterà e, oltre al tanto contestato partito di sinistra anti-euro Syriza, la forza di estrema destra Alba Dorata prende piede. Alcuni analisti politici greci dicono che il partito di ispirazione nazionalista con forti intenti xenofobi ed omofobi sale vertiginosamente nei sondaggi; alcune voci meno qualificate parlano di un venti percento. Sono quasi un appuntamento fisso i richiami dell’UE che invitano il governo greco a tenere sotto controllo il partito (accusato anche di antisemitismo), che intanto continua a raccogliere voti tra le forze armate e la polizia.

Le paure di un colpo di Stato sono presenti, tra confessioni di ex militanti e lettere che chiedono “di essere disposti al sacrificio” scritte da Ourania, figlia di Mikalioliakos, l’attuale leader. Trapela anche la voce che 3000 agenti siano già pronti a “tutto”. Intanto, un giovane rapper di Atene viene ucciso da presunti militanti di Alba Dorata,  Mikalioliakos viene arrestato, ma il partito prende le distanze, mentre Amnesty lancia un appello. Il risultato: manifestazioni in tutto il paese e in una partono colpi di pistola sparati da un agente.

In Turchia, invece, continuano le proteste a Gezi Park. Per tutto il mese di agosto la polizia si è scontrata con i manifestanti. Secondo la relazione del vice presidente del partito di opposizione turca, sarebbero circa 44000 le persone che sono state arrestate provvisoriamente durante tutti gli scontri, mentre al primo di agosto, secondo l’unione dei medici turchi, i feriti sono più di 8000 tra cui molti giornalisti. I morti sono 5 per il momento. Secondo i dati della Presidenza Generale delle Prefetture, sono state organizzate 4900 manifestazioni in 80 città della Turchia e vi hanno preso parte in totale 3 milioni e 545 mila persone. Non proprio cifre da protesta rionale, ma segnali di malcontento di un intero paese.

Erdogan, nel frattempo,duramente criticato anche in via ufficiale da UE, ONU e USA, non se cura e continua imperterrito a proseguire con la linea dura. Proprio il primo ministro fautore delle riforme che hanno permesso al suo paese di allinearsi ai parametri dell’Europa ha dichiarato il “superamento della prova democratica” da parte della polizia del suo paese. I dubbi restano e sono tanti i blog e i siti che mostrano immagini e filmati con forte uso di gas lacrimogeni e al peperoncino, tutte fonti che contraddicono il “sultano” recentemente sopranominato “Erdogas” dai manifestanti.

Arriviamo dunque al “golpe che nessuno vuole chiamare golpe” dello scorso luglio in Egitto. Il 30 luglio, da una notte all’altra, al Cairo, milioni di manifestanti scendono in piazza, vengono attaccate le sedi del partito dei fratelli musulmani e chieste le dimissioni al presidente, il quale propone un governo di coalizione. I militari, però, lo depongono e lo arrestano insieme a numerosi esponenti del suo partito. Il giorno stesso, a reti unificate, Abd al-Fattah Khalil al-Sisi, un generale, annuncia il colpo di Stato. Stime ufficiali parlano di 700 morti, di cui 50 poliziotti. Per tutta l’estate la caccia alle streghe ha colpito i fratelli musulmani, il partito che segue la scuola di pensiero sunnita salafitica, spesso accusati di essere radicali in termini di visioni religiose.

Le note stonate sono tante, dalla nomina a vice presidente di un Nobel per la pace, El Baradei, poi dimessosi e accusato di tradimento, alla love story tra fornitori di armi statunitensi e militari egiziani, alla classica accusa di terrorismo di Washington ai salafiti. Secondo l’enciclopedia Wikipedia il colpo di Stato è ancora in corso. Interessante poi in ottica globale è il rifiuto di molti media d’influenza mondiale a chiamare golpe i fatti del Cairo pur avendo assistito al rovesciamento di un governo legittimo da parte di un esercito.

Tre casi forti, spesso adornati da atti barbarici e totalmente fuori da qualsiasi concepimento democratico: coinvolti un paese dell’Unione Europea, uno che ci vuole entrare e un paese proveniente dalla “vittoriosa e democratica” primavera araba. Clistene, quando instaurò la prima democrazia del mondo proprio ad Atene, non poteva di certo prevedere l’abuso e il mercimonio che di questa forma di potere si sarebbero fatti. Sottovalutando l’informazione, l’uso della violenza, l’indipendenza delle forze armate, il principio di opposizione al compromesso e l’importanza delle elezioni, si narcotizza la forma democratica, il che è spesso ben peggio di un colpo di Stato. Ora come non mai bisognerebbe vigilare sulla democrazia, non in termini formali bensì sostanziali, reali, onde evitare, come diceva Gaber, di diventare tutti scemi allo stesso modo.

Italo Angelo Petrone –ilmegafono.org