Il trauma da rientro dalle vacanze è ormai superato. Il lavoro (per chi ne ha uno) ha ripreso i propri ritmi, le scuole hanno riaperto i battenti, il campionato (per chi ama il calcio) è iniziato e così via. Come al solito, però, ci ritroviamo nuovamente a parlare di qualcosa che in vacanza non ci va mai, che è perennemente presente nel nostro Paese e che non accenna a diminuire. Anzi. Un “qualcosa” che, a primo impatto, definiremmo “ignoranza”, “idiozia” o, ad essere più sinceri, “razzismo”. Ora, che l’Italia sia afflitta da questi tre mali appena citati è cosa nota. E sebbene questi non siano problemi che incidono sulla già precaria condizione economica dello Stivale, è pur vero che il lato sociale (quello sì) ne soffre terribilmente. Di cosa stiamo parlando? Dell’ennesimo caso di connubio tra razzismo e neofascismo, ben noto agli italiani e alla storia in generale, anche se, si sa, siamo un po’ più moderni dei nostri nonni e certe cose sembrano (grave errore questo) non esistere più.

Qualche settimana fa, il sindaco di Riace (RC), Domenico “Mimmo” Lucano, ha ricevuto una lettera contenente delle minacce a sfondo razzista da parte di alcuni sedicenti esponenti del Partito Nazionalista Italiano, capitanato dal messinese Gaetano Saya, il quale, subito dopo la notizia, ha prontamente smentito il coinvolgimento dei suoi. Dalle indagini, inoltre, risulta che i nomi degli autori citati all’interno della lettera sarebbero falsi e non risulterebbero presenti tra gli appartenenti (quelli veri) al partito. Ad ogni modo, che si tratti di una falsa pista o meno, il fatto è accaduto realmente e, al momento, l’inchiesta, in mano ai Carabinieri di Roccella Jonica, continua senza sosta.

Nella lettera, pubblicata dal quotidiano calabrese L’Ora di Calabria, si possono leggere dei veri e propri insulti rivolti non solo al sindaco, ma anche al ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge (ultimamente sempre più presa di mira), e agli africani presenti sul nostro territorio. “L’obiettivo del nostro partito”, si legge nella missiva, “è quello di espellere dal territorio tutti i cittadini di razza africana sbarcati sulle coste con l’intenzione di appropriarsi del nostro paese. Lo hanno potuto fare grazie all’aiuto dei comunisti, i veri traditori della patria”.

Inoltre, gli autori della missiva minatoria avvisano i calabresi che, “nel giro di 20 anni”, saranno i “servi della razza islamica”. Al ministro Kyenge, invece, ci si rivolge con epiteti quali “infame” e “negra”, accusandola di essere “una spia dei servizi segreti” del Congo. Infine, la lettera si conclude con un’ultima, pesante minaccia: dapprima gli autori si chiedono come faccia il sindaco a “inchinarsi davanti ai negri che hanno invaso Riace”, poi annunciano di aspettare “solo che i negri si muovano e daremo loro battaglia. Li perseguiremo finché sul territorio italiano non se ne vedrà più uno”.

Il motivo di tanto odio ha una origine ben precisa ed essa sta nella politica attuata dal sindaco Lucano, una politica fatta di accoglienza e integrazione, che ha reso Riace un modello, una città virtuosa, nota non più solo per i bronzi. Infatti, nel piccolo comune calabrese, un terzo della popolazione è immigrata e nativi e stranieri convivono in armonia e senza alcun problema. Il fatto che un caso del genere, alla gran parte dell’opinione pubblica sia stato taciuto fino ad oggi è solo una delle tante distorsioni italiane, ma il sindaco di Riace non si è dato per vinto e ha continuato a fare del proprio paese un gioiello dell’accoglienza, dell’ospitalità, al punto da diventare protagonista di un documentario, Il Volo (2010), girato dal regista americano Wim Wenders.

Diverse e numerose sono state le dimostrazioni di affetto e solidarietà da parte del mondo politico e sociale. La presidente della Camera, Laura Boldrini (tra l’altro cittadina onoraria di Riace), ha avuto una conversazione telefonica con il Primo cittadino nella quale ha manifestato vicinanza dopo l’accaduto, dimostrando, secondo Lucano, “attenzione per questo territorio e per l’esperienza di Riace”.

Ma solidarietà è stata espressa anche dall’associazione “100×100 in movimento, gruppo di Piacenza” e dall’ANPI dello stesso capoluogo emiliano, all’interno di un comunicato in cui si esprime il massimo appoggio ad un sindaco che ha costruito “sul territorio calabrese martoriato dalla ‘ndrangheta un esempio concreto di società solidale e inclusiva verso tutti”, nella consapevolezza che “la resistenza contro il razzismo xenofobo” è “uno dei fronti più vitali ed urgenti della rinascita civile del nostro paese”. Il sindaco di Riace non va lasciato solo. Né tanto meno l’intera comunità che, dopo diversi anni di abbandono quasi totale, è risorta grazie alla presenza degli immigrati, in un esempio splendido di come la convivenza sia possibile e possa dare frutti bellissimi. 

Giovambattista Dato -ilmegafono.org