È finita. Se ne è tornato nella casa di Bettola, che a dirlo, quel nome, non ci credi nemmeno. “Gargamella”, lo “smacchiatore di giaguari”, l’uomo che aveva sconfitto il Danny Zuko di Firenze. Se ne va cornuto e mazziato, come si dice da qualche parte di questo Stivale. Pare di vederlo sulla strada di una pianura desolata col proverbiale sigaro e la testa buttata in avanti, il passo lento, la giacca aperta e qualche porco boia masticato tra le foglie di tabacco arrotolate. Sembra di salutare Don Chisciotte, un personaggio perdente, sì, ma degno del rispetto di tutti. Uno che indubbiamente ci ha sempre creduto nel momento più difficile e contro il Caimano più forte e arrogante di sempre. Si è trovato a combattere contro questo mostro vero, circondato da infingardi Sancho Panza e servi Ronzinanti.

Di lui ci ricorderemo a lungo: qualcuno con simpatia altri con rabbia. Di certo è stato incapace di fare qualsiasi tipo di campagna elettorale. Un Maestro nel creare vantaggio nella crisi, nel dirigerla con le primarie, nel riavvicinare molti al partito. Una frana, un disastro in tv, nei talk show, in piazza. È riuscito a sbagliare tutto, a non imparare dagli errori di Prodi, ancorato a un concetto di comunicazione appena post sessantottina.

L’uomo della serietà e del programma tutto scritto in testa. Eppure nel disastro politico globale è rimasto estremamente dignitoso nella sua storia. Una biografia che fa a cazzotti con l’omino delle crociere e quello del drive-in, una vita che sa di provincia e vita vera, scuola di partito e Pravda. A tratti quasi ridicolo con le sue cravatte rivedibili, nella “biretta”, nel pranzo con Renzi e negli altri tentativi mediatici rovinosi. Eppure simpatico nella metafora, nella battuta, nei sorrisi a Crozza. A suo modo, un buono di questi tempi, al netto degli errori e del partito.

Non gli si può rimproverare il costante invito alla serietà, alla calma e la capacità di tenere insieme una forza politica estremamente dialettica. Ha preso sulle spalle la responsabilità e la consapevolezza di sacrificarsi per un partito e per un Paese nel quale ha troppo spesso riposto fiducia. Il colpo di grazia, non bastassero le elezioni, glielo ha dato Napolitano. L’ha costretto a farsi un giro di consultazioni inutili quanto strumentali. Si è prestato al siparietto dello streaming, prostrandosi di fronte ai due “simpatici” rappresentanti del “partito dell’uomo qualcuno” (chiediamo scusa a Caparezza), parlando con i nemici di sempre pronti a dare il bacio di Giuda.

Il presidente della Repubblica ha preso (forse con un’inversione di consonanti) tempo per poi prenderne/perderne ancora. Il senso di responsabilità politica di quest’uomo (Bersani) è stato fino ad oggi impeccabile; sulle idee si discuta pure, ma non si può fare a meno di notare che con lui, tra la nebbia e i casolari, se ne va un’idea di sinistra e di PD invalsa sino ad oggi. Di essa non si salverà nulla probabilmente e questo sarà il prezzo di una vittoria (sotto l’egida renziana)  probabile e riconciliante col Paese e il suo moderatismo generico e generalizzato.

Penna Bianca –ilmegafono.org