Questo lunedì ormai trascorso ci ha messo bruscamente di fronte alcune verità. È il momento di districarle con la freddezza del recupero di ore di sonno che l’esito della tornata elettorale ha tolto. L’insegnamento principale da sottolineare è la bocciatura dell’intellettualismo. Con questo si vuole intendere l’atteggiamento politico che tratta con astrattismo questioni molto sofisticate e sottili. Il risultato dei grintosi e agguerriti sostenitori di Fare, la debacle dell’uscente presidente del Consiglio Monti e l’incapacità del PD di arrivare alle persone con la serietà e la pacatezza della campagna elettorale ne sono il segnale. A vincere e mettere un 17 alle proposte politiche è il Movimento Cinque Stelle.

Per parlarne occorre una premessa lessicale. Si intenderà di seguito con la parola “Movimento” l’insieme degli elettori e dei sostenitori dello stesso e si chiamerà per nome il suo ideatore e il suo filosofo. Il risultato, in parte prevedibile, sa di una vittoria schiacciante della realtà e del pragmatismo, anche nella sua faccia più cupa e terrificante. Un esito maturato anche grazie all’inadeguatezza di alcuni partiti, primo fra tutti il PD, che non riescono ad imporsi alla società civile.

La reazione di un elettore medio del centro sinistra o del centro destra potrebbe essere quella di rinfacciare al Movimento la mancanza di esperienza, la superficialità, l’irresponsabilità e il linguaggio grottesco. Sarebbe un grande errore. Da qui il secondo spunto di riflessione. Ha vinto un’idea di politica molto vicina alle persone, tangibile prima di tutto, come Grillo che parla nelle piazze (volutamente “vicino” anche fisicamente), attenta, indubbiamente, più alla pancia che alla testa. Ha vinto un atteggiamento che urla verità (spesso presunte) strappando applausi. Ha vinto un atteggiamento di accusa decisa e profonda indignazione. A ciò si aggiunga che, quasi sempre, la ghettizzazione delle idee – quella che ha subito il M5S – provoca una radicalizzazione delle stesse.

È esperienza comune di tutti noi conoscere persone che hanno votato convinte per il Movimento. Chi scrive non è un politico, non è neanche mai stato iscritto a nessun partito pertanto non lo si tacci di partigianeria e proselitismo. Gli elettori non sono pecore sbadate da riportare sulla giusta via, questo il terzo caposaldo da portare a casa. Elettori non sono solo numeri, è chiaro, sono prima di tutto cittadini con delle esigenze e delle idee. Ed è per il loro bene che, in linea di principio (utilizzando una locuzione a voi nota su queste colonne), si gareggia in campagna elettorale. A loro il compito di segnare sulla scheda chi possa farsi portatore delle loro istanze.

Ad oggi il M5S. Le posizioni molto coraggiose dello stesso sulla TAV in Val di Susa e sul MUOS in Sicilia ne testimoniano la capacità di intercettare le idee di larghe fette di elettorato. Sarebbe tanto facile quanto inutile continuare a elencare la pericolosità di altri atteggiamenti o idee. Di solito gli insegnamenti lasciano sempre delle domande. Quella da porsi è se quello che stiamo vedendo sia un fuoco di paglia destinato a crollare alla seconda prova decisiva, quella della governabilità, della serietà e della responsabilità.

Riuscirà un movimento ideato da un urlatore a separarsi dalla dittatura della sua personalità, a sciogliere le catene delle prese di posizione e fare quella che si chiama, propriamente, politica? C’è da augurarselo, tutti insieme, ne va del nostro bene. Perché stavolta non si scherza.

Penna Bianca –ilmegafono.org