Ci sono alcune certezze che si possono trarre da queste elezioni politiche. La prima, di sicuro, è che il bipolarismo è finito. Il Movimento 5 Stelle, con il suo exploit, è riuscito finalmente a spezzare il sistema dei due poli contrapposti che è tra i massimi responsabili del declino politico dell’Italia, costretta a sorbirsi il dominio nefasto di maggioranze bulgare o l’instabilità di maggioranze litigiose e composte da forze lontanissime da una qualsiasi possibilità di sintesi. L’altra certezza è che, al di là della vittoria o della rimonta, il Pd e il Pdl hanno perso una enormità di voti rispetto alle scorse politiche (circa 3 milioni e mezzo il Pd, oltre 6 milioni il Pdl), così come la Lega (quasi 2 milioni in meno, passando dall’otto al quattro per cento). La terza ed ultima certezza, quella che molti grillini non hanno ancora compreso, è che in queste elezioni non ha vinto veramente nessuno, ma abbiamo perso tutti.

L’Italia come nazione, in preda ad una gravissima crisi di governabilità che non si è mai realmente arrestata dal 2006 ad oggi, sempre meno credibile e guardata con preoccupazione dal resto del mondo; gli italiani come popolo, sempre più divisi e facili prede di promesse o di strepiti populisti che annunciano la distruzione piuttosto che la costruzione di qualcosa; i partiti nel loro insieme, incapaci di cogliere per tempo i tantissimi ed evidenti segnali di malcontento giunti in questi anni dai territori e dalle tante fasce di popolazione stanche degli sprechi, dei privilegi e delle schermaglie continue su temi lontanissimi dalle vere priorità. E adesso? Cosa accadrà? Tutto è appeso a un filo. Anzi, a Grillo. Dipende da lui e dal suo movimento la possibilità che l’Italia possa avere un governo senza tornare al voto subito causando al Paese un enorme danno sul piano economico e sociale.

Ma lui non ci sta, provoca, chiedendo la fiducia per governare, dice che voterà legge per legge e che non sosterrà alcun governo, prevede la nascita di un “governissimo” Pd-Pdl, che a suo avviso durerà non più di un anno. Tutto legittimo, per carità, anche perché il comico genovese ha condotto una campagna elettorale (e anche il periodo precedente e quello successivo) usando toni durissimi nei confronti del Pd e dei partiti, venendo ricambiato con attacchi altrettanto duri, quindi è difficile che si sani una frattura scomposta, che è la ragione stessa per cui il Mov 5 Stelle ha avuto successo. Un accordo sulla fiducia, un appoggio esterno basato sui singoli provvedimenti non è facile da realizzare, proprio perché potrebbe portare il Movimento a perdere consensi tra quegli elettori (tantissimi) che hanno votato nella speranza di veder scomparire i partiti tradizionali e non di trovarseli alleati o, peggio ancora, di aiutarli a sopravvivere.

Detto questo, però, c’è anche una ragion di Stato di cui tener conto, vale a dire il bene del Paese e dei cittadini, compresi quelli che hanno votato Grillo. Non possiamo permetterci un vuoto governativo né nuove elezioni a breve, perché sono tante le emergenze da affrontare immediatamente se non si vuole che il caos travolga tutto, che l’economia crolli e che i mercati aprano la via a speculazioni pericolose. È facile comprendere le resistenze di Grillo, la sua ostinazione ad andare avanti per la sua strada, a non concedere alcunché, immaginando che in questo modo alle prossime elezioni potrebbe perfino avere la maggioranza assoluta di voti e governare senza l’aiuto di nessuno. Il fatto però è che questa non è una certezza, ma un calcolo che non tiene conto che senza un governo si va per forza al voto e quindi il 5 Stelle non può nemmeno mostrare di che pasta è fatto, se davvero è in grado di “cambiare” l’Italia nel concreto e non solo con gli slogan aggressivi e le parole forti.

Così come è un semplice calcolo pensare che in un secondo appuntamento elettorale ravvicinato si possano ottenere gli stessi o più consensi, perché l’assenza di confronto interno non permette di capire se tutti i grillini sono d’accordo sull’intransigenza del loro padre/padrone dinnanzi alla possibilità di dare la fiducia al Pd e cambiare insieme alcune leggi fondamentali, a partire dalla legge elettorale. Tra gli elettori del Movimento sono in molti che, attraverso il blog di Grillo, spingono perché si dia la fiducia a Bersani e si faccia valere il proprio peso, chiedendo anche che si decida tutti insieme attraverso una sorta di referendum interno, di consultazione con la base, cosa che il comico leader non ha fatto, parlando tra l’altro di fantasie, di infiltrazioni e dando sfogo al suo vocabolario rude e aggressivo, come se il linguaggio non fosse anch’esso un aspetto della democrazia.

Insomma, tra l’entusiasmo per “l’aria nuova che si respira”, “il Parlamento più giovane d’Europa”, “il Parlamento composto per un terzo da donne”, e le proposte su questo o quel candidato alla successione al Quirinale, si perde di vista il fatto che senza un governo non ci potrà essere nulla di tutto questo. Forse ha ragione chi, in rete, dice a Grillo che così facendo si rischia di perdere un’occasione storica per il Movimento e per l’Italia. E anche chi dice che gli elettori hanno votato i candidati del Movimento non per dire sì o no ad una legge ma anche per fare politica, per compiere scelte politiche, che comprendono anche il dialogo con le altre forze in Parlamento. Altrimenti sarebbe stato più logico scegliere la via extraparlamentare.

Ecco perché alla domanda “e ora che si fa?”, sarebbe più saggio aggiungerne un’altra: “perché, caro Grillo, hai creato tutto questo? Per un suicidio collettivo (dando ragione a chi definisce il tuo seguito una setta) o per migliorare il futuro di tutti, compresi quelli che non ti hanno votato?”. Sarebbe utile saperlo, anche perché l’Italia è di tutti, non è solo sua e dei suoi seguaci.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org