Manca una settimana, sette lunghissimi giorni prima di recarsi alle urne per eleggere il nuovo parlamento e scegliere il nuovo governo. O meglio, per scegliere che destino regalare all’Italia: provare a salvarla o affossarla definitivamente. Per qualche regione, poi, in particolare Lazio e Lombardia, si voterà anche per il rinnovo del consiglio regionale e l’elezione del presidente. Un momento storico, che potrebbe segnare un passaggio importante, un cambio di rotta epocale, specialmente in Lombardia, dove, dopo un dominio durato 17 anni, finalmente non ci sarà più Roberto Formigoni e dove una vittoria di Umberto Ambrosoli potrebbe riflettersi positivamente, per il centro-sinistra, nel risultato nazionale, in particolare per quel che riguarda gli equilibri e la maggioranza al Senato.

Detto questo, il nostro settimanale ha deciso, nel week-end elettorale, di non uscire con un nuovo numero, il sabato o la domenica, come facciamo sempre. Ed è una scelta che ha un significato ben preciso. Vogliamo rispettare il silenzio, evitare di inserirci nella riflessione del lettore/cittadino, non perché abbiamo la pretesa o la paura di influenzare persone che hanno già formato le loro idee, ma perché vogliamo ancora credere con convinzione che il giorno prima delle elezioni conservi un quid di sacro, di intimo, di inespugnabile, nel quale si riflette, si valutano i dubbi, si misurano le (spesso poche) certezze. Il giorno delle elezioni, poi, è quello della liberazione, quello in cui ti senti per una volta un cittadino a tutti gli effetti, in cui non c’è troppo spazio per le parole, perché ci sono i fatti, c’è l’esercizio concreto del tuo diritto/dovere.

Puoi scegliere, anche se questa legge elettorale umilia il senso della scelta, lo dimezza, lo strozza. Mi piace pensare a quella sensazione così ben descritta da Giorgio Gaber: “Una curiosa sensazione che rassomiglia un po’ a un esame di cui non senti la paura ma una dolcissima emozione…”. Un’emozione. Ma non un gioco, bensì una prova di responsabilità. Vivetela così. Votate con coscienza, consapevolmente, liberamente. Non lasciatevi condizionare da logiche astruse come quella del voto utile, che le storture del sistema elettorale non possono essere di certo pagate da voi, al prezzo delle vostre convinzioni e delle vostre idee.

Pensate all’Italia, guardate al futuro, senza dimenticare quello che è accaduto in passato. Fate in modo che non sia ripetibile lo scempio delle istituzioni democratiche che è stato fatto negli ultimi anni. Non dimenticate la censura, le oscenità, l’uso ad personam del parlamento, i complici di un sistema di potere che ci ha ridotto al collasso. Si odono echi di rimonte, di recuperi, di rischiosi ritorni di fiamma, come se le responsabilità passate non esistessero più, come se d’un colpo questo popolo avesse dimenticato la melma di corruzione, immoralità, illiberalità, in cui era precipitato il Paese (la legge elettorale ne è l’esempio più immediato).

Speriamo non sia vero, speriamo che non vinca l’attenzione morbosa alle volgarità di qualcuno, alle barzellette, alle gaffe imbarazzanti, alle false promesse, all’amore dichiarato per l’illegalità, ma che invece il popolo guardi principalmente ai contenuti (se non l’avete fatto avete una settimana per informarvi al meglio, leggendo magari e non ascoltando solo la tv), ai programmi rispetto ai temi più importanti e urgenti, alla concretezza di tali programmi. Non lasciatevi trascinare da chi accusa e mette insieme tutti per nascondere la propria pochezza di idee. Protestate se volete, esprimete il vostro dissenso con il voto, anche se ciò comporta una frase in una scheda per annullarla. È sempre meglio che non votare, non andare, non esprimere alcunché.

Non è il momento di astenersi (almeno se vi viene data la possibilità di non farlo), se si vuole ancora avere il diritto di reclamare e pretendere. Pensate che non votate solo per voi, ma per tutti i vostri concittadini, anche quelli che si stanno dando un’ultima chance in questo Paese, attratti dall’idea di non lottare più per l’Italia, se il voto andrà in una direzione catastrofica, e lasciarla, andando all’estero, dove forse è ancora possibile vivere sotto uno Stato che abbia rispetto di sé e che non posponga i cittadini agli interessi e ai pruriti personali dei governanti. Raccogliete la vostra rabbia ma votate con lucidità.

Partecipate, decidete, impugnate la matita e votate, che, come diceva Gaber: “È proprio vero che fa bene un po’ di partecipazione, con cura piego le due schede e guardo ancora la matita così perfetta è temperata… Io quasi quasi me la porto via. Democrazia!”.

Buon voto. Ci rivediamo sabato 2 marzo. Sperando che sia un’altra Italia. D’altra parte, prima del voto si ha l’obbligo di essere ottimisti.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org