In Italia, si sa, la lotta alla criminalità organizzata è una lotta quotidiana. Vi sono luoghi in cui la presenza mafiosa è meno percepita, altri in cui, al contrario, la si sente persino nell’aria. Ad ogni modo, il danno che la mafia apporta al nostro Stato è enorme e tutti ne paghiamo le conseguenze, anche senza rendercene conto. Ma se la criminalità organizzata è un problema nazionale, è pur vero che nelle regioni più a Sud del nostro Paese la sua presenza è radicata da più tempo, sin dalla sua origine. Fin qui niente di nuovo, è ovvio. Ma cosa accadrebbe se proprio al Sud la mafia perdesse il controllo? E soprattutto, come può accadere ciò? Le indagini eseguite negli anni dalla magistratura e dalle forze dell’ordine hanno permesso di scoprire notevoli dettagli sulla struttura e sui movimenti dei clan, riuscendo a comprendere che una delle caratteristiche più importanti del potere mafioso è il controllo dell’economia del territorio.

Il sequestro dei beni, dunque, è uno dei fattori più decisivi nella lotta alla criminalità organizzata. Se poi questi beni sono immobili (e spesso sono quelli che fruttano un guadagno maggiore), allora la cosa si fa interessante. Il valore di questo tipo di beni è doppio: oltre a quello economico, vi è soprattutto il valore sociale. Perché se un bene immobile viene sequestrato, significa che lì lo Stato è riuscito a risorgere, a riprendersi ciò che gli era stato tolto illecitamente. Ecco perché quando si fanno delle operazioni volte a contrastare la mafia, non mancano mai i sequestri di beni. Ad ogni modo, il bene sequestrato e confiscato diventa davvero importante quando  viene ridonato alla società. Fortunatamente, di questi casi, in Italia, ve ne sono tantissimi e il numero è destinato a crescere.

L’ultimo in ordine cronologico è quello che vede protagonista un’associazione calabrese, “Terre Joniche”, operante nei terreni confiscati alla cosca Arena che controlla il territorio tra Cirò e Isola di Capo Rizzuto (Kr). Dal 31 gennaio di quest’anno, infatti, un gruppo di ragazzi ha ottenuto il via libera per far partire l’attività dell’associazione su alcuni terreni confiscati. Lo scopo di quest’ultima è simile a quello di tante altre: riqualificare i terreni e fare il possibile affinché producano lavoro per tanta gente. E affinché questo sia possibile, l’associazione punterà alla produzione di prodotti naturali su più di 100 ettari di terreno. Una bella fetta di terra tornata nelle mani della comunità, dunque, la quale ha davanti a sé un futuro non facile, ma colmo di grandi aspettative.

“La cooperativa – ha spiegato Libera in una nota ufficiale – è il frutto della collaborazione tra le istituzioni, a partire dall’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, la prefettura di Crotone, la Camera di Commercio di Crotone, Legacoop e le associazioni di volontariato”, presenti sul territorio da ben due anni e che hanno reso possibile questo importantissimo risultato.

Per il presidente dell’associazione, Raffaella Conci, “Terre Joniche” non sarà altro che “un punto di riferimento per il territorio nel campo delle produzioni biologiche di qualità e nello sviluppo del turismo sociale”. Un obiettivo non semplice da raggiungere, ma si tratta di un tentativo che in una terra difficile come quella calabrese ha un valore importantissimo, soprattutto perché voluto da un gruppo di giovani che ha voglia di ripartire proprio da lì, da quelle terre splendide alle quali appartengono e di cui sono stati privati per troppo tempo.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org