Qualche giorno fa Cristian Bugatti, in arte Bugo, ha lanciato su twitter (@bugobugatti) alcune riflessioni condivise coi propri followers sulla propria generazione. L’artista trentanovenne, otto album all’attivo, un linguaggio immediato e diretto, è uno degli esempi più limpidi di creatività degli ultimi anni. Approfittando della sua disponibilità, abbiamo deciso di chiedere a lui cosa ne pensasse di “generazioni trasparenti”, conflitti generazionali e della fantastica categoria dei “giovani”. Un punto di vista privilegiato che parte da San Martino di Trecate e arriva in India. Continuiamo allora questo miniciclo di articoli sul tema con la sua riflessione, fatta di concretezza, piedi per terra e nessuna verità assoluta. Una boccata d’aria fresca rispetto alla depressione di alcuni e alle promesse di altri.

Come è l’Italia vista dall’India?

Un paese di inaffidabili, di vecchi, di matti. Ma perché devono essere per forza caratteristiche negative? Ogni nazione ha pregi e difetti, è sui difetti che si lavora.

Come descriveresti questo passaggio che stiamo vivendo?

Sono cicli necessari. 10 anni fa si diceva che eravamo in un periodo di passaggio, così dicevamo 20 anni fa e così 30 anni fa. Tuttavia è innegabile che qualcosa sta accadendo, che qualcosa ci chiede di interrogarci di nuovo.

Quali sono le differenze tra le generazioni che ti seguono e che vedi ai tuoi concerti?

Ai miei concerti il pubblico varia dai 20 ai 50 anni, generazioni diverse con storie diverse. Chi ha creduto nella rivoluzione, chi non ci crede più, chi vorrebbe crederci. Ma in fin dei conto, sono persone in mezzo ad altre persone.

Come consideri questi ventenni che tutti identificano, studiano, guardano, ma mai capiscono?

È l’eterna e un po’ patetica sfida tra generazioni. È così necessario essere capiti? Noi fatichiamo a capire gli interessi dei nostri nonni, e così loro i nostri. Si tratta di stare calmi e avere pazienza, non aver paura.

Che consiglio daresti loro?

Di non colpevolizzare il prossimo e la situazione attuale (anche se difficile). Pensare con la propria testa, secondo i propri parametri, non avere fretta.

La tua generazione ha vinto o ha perso? E quella successiva?

L’incontro tra generazioni è sempre una sconfitta per entrambi. Ma la sconfitta contiene anche la vittoria, si tratta di capire che volto ha la nostra vittoria.

In un articolo pubblicato sul Corriere, Beppe Severgnini parla di una “generazione trasparente”, quindi invisibile. Che fare per riappropriarci dei colori?

Perché il giornalista cita Fossati e non un cantante attuale? Perché parla con la sua mentalità, che è diversa dalla nostra. Ci facciamo dire le cose. Ci dicono che siamo “trasparenti”, e quindi? Ci interessa? Perché dovrei essere tutto “colore e rivoluzione” come i nostri padri? Cosa hanno fatto meglio di noi? Loro ci invidiano la nostra libertà, ma dobbiamo assumerne consapevolezza. Non sanno definirci e questo, secondo me, potrebbe essere un nostro punto di forza, però dobbiamo crederci. I nostri padri non possono dirci chi siamo. Siamo noi che dobbiamo definire noi stessi attraverso i nostri metodi: invisibilità, velocità, indefinibilità.

Penna Bianca -ilmegafono.org