Ci sono momenti nei quali bisogna dire basta e dare un segnale, infischiandosene della “sacra” logica secondo cui lo “show” deve continuare. A parere di chi scrive, Kevin Prince Boateng, centrocampista del Milan, ha fatto benissimo a lasciare il campo, seguito dai suoi compagni di squadra e dalla decisione della società di non proseguire l’incontro amichevole con la Pro Patria, a Busto Arsizio, a causa dei cori razzisti provenienti dagli spalti della tifoseria locale. Qualcuno potrà dire che non serve, che così la si dà vinta a quei quattro delinquenti i quali ogni domenica vomitano bestialità dalle curve degli stadi di tutta Italia, che in partite ufficiali una scelta del genere sarebbe impossibile perché penalizzerebbe la squadra ritiratasi e tanto altro ancora. In realtà, Boateng ha fatto una delle poche cose logiche ancora possibili in un mondo, quello del calcio, dove si passa sopra a tutto in nome di uno spettacolo che non può fermarsi, perché deve nutrire un popolo affamato di pallone ed incapace di comprendere, di rendersi conto che c’è un limite a tutto.

Non è la prima volta che una partita viene sospesa di fronte alla volontà di un giocatore di pelle nera di fermarsi e lasciare il campo. Era successo a Messina nel 2005, quando il giocatore giallorosso Zoro fermò il gioco minacciando di uscire dal terreno di gioco perché stanco dei continui epiteti razzisti proferiti dai tifosi dell’Inter; è successo a Cagliari nel 2009, quando il campione nerazzurro Eto‘o fu insultato dai supporters sardi, spingendo l’arbitro Tagliavento a sospendere la partita per 3 minuti. Non era mai successo, però, che una squadra lasciasse il campo, in segno di solidarietà con il proprio giocatore. Ed in questo va fatto un plauso al Milan e a Boateng, soprattutto perché adesso i colpevoli di quei cori sono stati denunciati, con la “scoperta” (che novità…) che tra loro si nascondeva un consigliere comunale leghista.

Detto questo, non andiamo oltre, perché oltre troviamo la nota stonata di tutta la vicenda, vale a dire la fastidiosa pantomima di Silvio Berlusconi, il quale, nel consueto, irritante doppio ruolo di presidente del Milan e leader di quel che resta del centrodestra, ha infilato il caso Boateng nella sua smaniosa agenda elettorale che lo vede presenziare ad ogni trasmissione possibile di ogni canale possibile, indipendentemente dalla natura o dagli argomenti della trasmissione stessa. Così, come spesso accade in questo Paese, specialmente quando c’è di mezzo l’ex premier, si è caduti nel ridicolo. “Assicuro che in tutte le partite, anche internazionali, ove si verificassero episodi di questo genere, il Milan lascerà il campo”, ha dichiarato Berlusconi, mostrando un’indignazione antirazzista che forse può ingannare gli ignoranti, gli ingenui, gli smemorati cronici o il popolo in malafede, ma non chi ha sentito subito una stonatura, avvertendo lo stridente rumore di una memoria che resiste e pulsa rabbiosamente.

C’è un limite a tutto. Sopportiamo già a malapena la nuova invasione mediatica di un potente furbo e psichicamente turbato alla ricerca di nuovi spazi di condizionamento del potere, digeriamo malissimo la paura che gli italiani, o una parte di essi, ci caschi ancora, ma non possiamo assolutamente permettere che Silvio Berlusconi passi per un indignato, per un antirazzista. Lui che ha governato al fianco della Lega, glorificando i vari Bossi, Calderoli, Castelli e soprattutto Maroni e imboccando la via della caccia all’immigrato, con la messa in atto di una sequenza di leggi razziali aperta dalla famigerata “Bossi-Fini” e proseguita con il pacchetto sicurezza e le vergognose misure sui medici e sui presidi spia, il permesso a punti e il reato di clandestinità. Il tutto completato dalla crudeltà dei respingimenti in mare, che hanno determinato morte, sofferenza, dolore e la sanzione dell’Unione Europea.

Un governo razzista e complice di assassinii legalizzati attraverso provvedimenti iniqui, spietati, illegali. Berlusconi, nella sua miserabile storia politica, ha impresso il marchio di una violenza razzista che ha riportato il Paese indietro di anni, in un percorso a ritroso che ha riaperto scenari che, nel lungo corridoio della democrazia repubblicana, sembravano ormai lontani, rarefatti. L’ex premier ed eterno patron del Milan ha ridato voce e forza a gruppuscoli di rigurgiti della storia che non trovavano alcuno spazio nella quotidiana arena dell’opinione pubblica se non come protagonisti di episodi isolati da combattere con la repressione e l’emarginazione politica.

Abbiamo vissuto anni violenti, abbiamo conosciuto da vicino l’oltraggio di sentirci italiani di fronte al perpetuo massacro dei diritti dei migranti, osservando il dolore e la disperazione di chi, per un interesse politico e un dispetto razzista, ha visto e vede ancora la propria vita decisa da un dirigente di polizia, da un appuntamento in questura, da un documento che sembra una chimera irraggiungibile, persino quando ci sono tutti gli elementi di diritto per poterlo ottenere. Silvio Berlusconi è colpevole, come Mussolini lo fu nei confronti degli ebrei.

Oggi, con i mezzi cigolanti di una propaganda ormai svelata, prova ad utilizzare il calcio per nascondere la propria vera natura, strumentalizzando un atto nobile di difesa della propria dignità come quello compiuto da Boateng. Chi ci ha creduto, applaudendo il Caimano, o è stolto o è complice di falso ideologico. Chi si è infuriato e ha avvertito il brivido rabbioso di un insulto alla nostra intelligenza e al pudore ha solo una scelta: combattere per l’ultima volta questo dittatore in declino e fare in modo che non vinca. Noi cittadini il campo non possiamo proprio permetterci di abbandonarlo, ma possiamo cercare di sgomberarlo.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org