È passato circa un anno da quando leggevo sulla pagina on-line di Repubblica che lo spread saliva, che i conti non tornavano, che il governo non si dimetteva e che l’allora prof. Monti veniva chiamato da Napolitano. Allora italiano all’estero, non potevo che sperare che l’iter ideato dal presidente della Repubblica arrivasse in fondo e si uscisse da questo pantano con un colpo di mano e una mezza marachella.  Un anno che ho poi trascorso tornando a vivere nello Stivale, osservando vicissitudini di leggi, riforme, idee, coalizioni, ruberie e furbate varie. Per fare il punto parto dal passato. Un anno fa mi venne in mente una domanda che non ha ancora trovato risposta, ovvero: “che vogliamo fare?”. Domanda vasta e quindi da restringere. Prima di parlare di politiche economiche, che sono sempre il passo successivo, occorre chiedersi dove si vuole andare, domani, dopodomani e tra qualche anno come Italia unita e repubblicana. Solo alla luce della risposta si potranno formulare commenti su quanto è stato fatto.

La prima risposta, che viene lontano dalla tastiera, dalla testa e dall’interesse verso certi temi è: “fate voi basta che ci tiriate fuori”. Che è un po’ la risposta che dovrebbero avere il coraggio di ascoltare i nostri rappresentanti e che vorrei ascoltare io nei consessi di tanti connazionali in fila alle poste o dall’oculista, per il loro bene e il loro sonno.

La seconda che viene dalle idee che condivido con molti è: “basta con l’economia che governa la politica, dobbiamo riprenderci il potere di decidere”. Si potrebbe obiettare che è stata la politica a metterci in crisi e l’economia adesso rattoppa i buchi. Il che sarebbe giusto se le soluzioni fossero immediate e il rattoppo fosse rapido come quello di certe mani esperte alle prese con un rammendo. Ci troviamo invece in una situazione in cui una mezza parola (si vedano le blaterazioni del signor B.) continua a spostare soldi e destini di Paesi.

Bellissimo, direbbero altri, alcuni dei quali compiaciuti di questo apparente populismo. Il problema di questa impostazione è che, messa così almeno, non tiene conto dei disastri che queste idee porterebbero a tutti se fossero messe in pratica dall’oggi al domani. Sarebbero misure dolorosissime e, per di più, con certi sciacalli non c’è da scherzare, mai. Non resta che aspettare un consenso sul tema, almeno in Europa, magari con un’unione politica forte che possa dimostrarci forti al mondo e permetterci di sostenere il viaggio in controtendenza. L’avevo scritto su queste colonne tempo fa, quando Monti era da poco salito al governo. Mi auguravo che usasse la sua esperienza, la sua figura, le sue potenzialità per sistemare la questione in modo radicale e profondo sì, ma in modo politico.

La terza e ultima risposta, più pragmatica e politicamente corretta è quella che troviamo nei toni entusiastici de lavoce.info i cui redattori hanno curato questo interessante libro (gratuito). Sostanzialmente si afferma che ci siamo salvati ed è stato grazie all’uscente, ormai, presidente del Consiglio. Si è fatto quello che si doveva fare, tutto e subito, per placare i mostri che erano usciti dall’armadio. Certo nessuno ha regalato niente, anzi. La riforma delle pensioni per esempio è nell’esperienza quotidiana di tutti, “lo sappiamo, ma alternative non c’erano”. La terza risposta è quella che piace di più ai colleghi tedeschi e agli altri amici dell’Europa. Certo, va letta coi suoi limiti, quale quello di prospettare sempre la stessa medicina per un malato cronico che ciclicamente ha delle ricadute. Chi ci assicura che tra cinque anni non ci troveremo nelle stesse condizioni?

Al di là dei dubbi di chi scrive e delle certezze dottrinali degli accademici che con due numeri sistemano la nostra vita, va riconosciuto a Monti e al suo governo di aver portato sul tavolo dei temi molto critici, temi anche politici, di cui avevamo dimenticato l’esistenza. Hanno a loro modo ridato dignità alla politica chiamandola ad esprimersi sulla concretezza dei fatti e non sulle promesse delle alleanzucole. Le primarie del PD lo hanno dimostrato con un interesse tangibile dei cittadini alle urne, sui media e sui social network, agorà moderne. Infine, hanno pugnalato lo stereotipo dell’italianucolo, scomponendo anche la messa in piega della sig.ra Merkel in qualche occasione. Finalmente non dobbiamo più vergognarci ed è già tanto seppur non abbastanza. Alla domanda ancora non so scegliere la migliore risposta per tutti ma mi giustifico pensando a un futuro da inventare insieme a tutti voi.

Penna Bianca –ilmegafono.org