Al di là delle battute e del triste contesto di uno studio televisivo, bisogna riconoscere che il confronto tra i candidati alle primarie nazionali del centro-sinistra è stato un buon esercizio democratico e un’ottima occasione per ciascuno dei partecipanti di far conoscere, seppur in formato “Bignami”, la propria idea di quello che è e che dovrebbe essere il Paese, le opinioni sui temi più caldi e le prospettive future. Stop. Per la credibilità ci sono altri scenari, altri contesti, come ad esempio le scelte operate in questi anni nei territori, il modello economico di riferimento, le posizioni e le scelte politiche assunte. E ci sono luoghi in cui la credibilità si indebolisce, o quantomeno viene pesantemente scalfita dalle contraddizioni, dal caos che diventa incomprensibile agli occhi non solo dei semplici elettori, ma perfino dei militanti e degli osservatori.

La Lombardia, su questo aspetto, costituisce l’esempio più lampante di una situazione politica intricata che, almeno in apparenza, privilegia più i giochi di regia delle segreterie di partito che le esigenze di chiarezza e di partecipazione dei cittadini. Nella regione chiamata a cambiare rotta e a liberarsi dei fantasmi e dei danni prodotti da diciassette anni di potere di Formigoni, le primarie diventano paradossalmente il marchio di una maniera pessima di rapportarsi all’elettorato. Mentre la gara per le nazionali è avviata, aperta e giocata alla pari, quella per la candidatura a governatore lombardo è diventata un mistero, fitto di dubbi e colpi di scena difficilmente comprensibili, che hanno prodotto smarrimento e perdita di entusiasmo in tutta quella gente, che, meno di un mese fa, si era radunata sotto il palazzo della Regione di via Melchiorre Gioia, per chiedere le dimissioni del “Celeste”.

La scelta di stoppare ad un certo punto le primarie, a seguito della decisione di Umberto Ambrosoli (dopo lunga ed estenuante titubanza) di candidarsi a patto di un largo sostegno da parte del Pd e delle altre forze di una coalizione dai confini diluiti e difficilmente identificabili, ha avuto un effetto nocivo sulla voglia di partecipazione dei cittadini. Al di là dell’atteggiamento poco democratico nei confronti di quei candidati (e dei loro comitati elettorali) che avevano già iniziato a raccogliere le firme, la mossa attendista (e strategica?) della segreteria del Pd e di Ambrosoli non solo ha la responsabilità di aver prodotto una pericolosa confusione (stop e poi forse indizione di nuove primarie, ma con regole scritte dal candidato sostenuto dal partito più forte) ma, soprattutto, di aver cancellato il dibattito sui temi e sui contenuti.

Da quando Ambrosoli ha rotto gli indugi, infatti, non si fa altro che parlare, in città e sui giornali, di regole, carte di intenti sulle candidature e sulla formula, alleanze, movimenti interni, dissidi, prove di forza. E i contenuti? Niente. Eppure, a maggior ragione in questa fase storica e in una regione dilaniata dai sistemi di potere perverso e dagli scandali, la cittadinanza vorrebbe sapere che modello di società si pensa di costruire, cosa pensano di fare i candidati ­­­su temi come la sanità, l’istruzione, la legalità, la cultura, lo stato sociale. Non una parola.

L’unico che, da mesi, gira il territorio regionale e nazionale mettendo sul piatto contenuti, frutto anche di una durissima battaglia in consiglio regionale contro il sistema Formigoni, è Giulio Cavalli, il quale ha provato a mettersi in gioco, forte del seguito e del prestigio presso una parte ampia dell’elettorato, ma è stato ricacciato indietro dal balletto delle primarie. A pensar male, si potrebbe pure ipotizzare che a qualcuno la sua candidatura abbia fatto un po’ paura. Purtroppo, però, senza prove si rimane alle congetture. Ci sarà tempo e modo per capire. In ogni caso, quel che rimane certo è che a sinistra, gli elettori, dopo questa terribile farsa delle “primarie sì/primarie no”, vorrebbero davvero ascoltare un po’ di contenuti, idee, visioni del mondo e della politica.

Perché se il candidato fosse Umberto Ambrosoli, persona rispettabilissima e apprezzata, in tanti vorrebbero sapere che modello di sanità o di scuola ha in mente per la Lombardia, quali sono le sue priorità in campo sociale ed economico, quali sono i mezzi da lui pensati per combattere la criminalità organizzata e il sistema di convergenze che hanno inquinato e inquinano la vita politica e istituzionale in tutta la Lombardia. E non si risponda che ancora è presto, perché il voto non è lontano e i temi sono troppo importanti per poterli esporre compiutamente in un paio di mesi. Siamo in un momento cruciale, in una regione cruciale, dove la discontinuità con il passato è l’obiettivo irrinunciabile, fondamentale.

Siamo nella fase in cui, cadute di stile e di credibilità favoriscono il voto di protesta e l’avanzamento di forze atipiche, che rappresentano una rischiosa incognita per quel che riguarda la governabilità e che, su numerosi temi di vitale importanza, sono lontanissime dalla visione della sinistra. Commettere errori come quello delle primarie è diabolico, oltre che ridicolo. C’è ancora tempo per rimediare almeno sulla chiarezza dei programmi o, meglio, sull’esistenza di un progetto preciso che vada al di là delle dichiarazioni di apertura ad aree politiche che nulla hanno a che fare con il centro-sinistra. Bisogna fare in fretta, perché sprecarne ancora di tempo e di parole rischia di far resuscitare quello stesso sistema che si annuncia di voler abbattere. Ed allora, non pensare male sarebbe davvero complicato.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org