Leggendo i giornali, negli ultimi tempi, capisco che la confusione è qualcosa che non mi spaventa più. A pensarci bene, però, è proprio questo, alla fine, che mi terrorizza, perché vuol dire che, in qualche modo, mi sono abituato al caos. Il castello di fango sta crollando per la sua stessa natura, per la sua stessa composizione. Un sistema che aveva piantato le radici sulla coscienza di un intero popolo, ammorbando ampi strati della società, anestetizzando la cultura, indebolendo il senso dello Stato e il valore del principio di legalità delle istituzioni. I capitani delle navi che hanno composto la flotta di questa spedizione di conquista e distruzione della democrazia lasciano il comando, cercando di trovare posto in qualche scialuppa o in qualche barca di passaggio. Solitari, scaricati, abbandonati alla loro ottusa megalomania e gigantesca inettitudine. Ammutinati dalla propria ciurma di marinai, mozzi, compari di timone, vedette e camerieri, ciascuno con la divisa unta di potere, qualche vitalizio e l’ansia di ricollocarsi, di ritornare presto a bordo, magari sotto la guida di un altro comandante.

Nessuna pietà, ci mancherebbe, perché l’ammutinamento doveva avvenire molto prima. Di certo, però, in questo marasma accecante di movimenti, manovre, adunate di liberazione, sbandieramenti di giubilo, con l’ammutinato in bella vista a indossare l’abito del bersaglio contro cui lanciare le frecce della rabbia e dell’indignazione popolare, si rischia di non vedere le ombre discrete e furtive dei topi che scappano dalla nave che affonda. Un difetto tutto italiano, che in politica trova la sua esaltazione massima. In questo clima che sembra inedito ma che tanto ricorda i primi anni ’90, i più furbi provano a mostrarsi nuovi, diversi, antitetici rispetto a chi li ha preceduti e oggi conosce il proprio declino. C’è chi vuole rottamare tutto e tutti, convinto che la capacità politica sia una questione anagrafica, c’è chi riempie i giornali con le proprie imprese da show americano, condite da una serie di “vaffa” ottimi per celare la propria pochezza politica e distrarre le masse dal ragionamento critico sui programmi.

I meno furbi, invece, pensano di poter sopravvivere stabilendo regole e veti oppure cercando di rifarsi una verginità. In mezzo a loro, ci sono gli illusi, quella piccola schiera di ex servi della gleba che, una volta sdoganati dal vincolo di fedeltà ad una nave in avaria, sperano di trovare ristoro altrove, magari rifacendosi il look, nel disperato tentativo di non farsi riconoscere. I più pericolosi sono proprio i vecchi e mostruosi soldati del male che provano a ripresentarsi con il candore di giovani fanciulle non ancora iniziate alle malizie della vita. Basti pensare ai leghisti, affamati divoratori di poltrone, ruoli, gettoni e prebende, per anni seduti al tavolo del potere, gestito con le stesse maniere e gli stessi vizi dei tanto odiati “romani ladroni”. Camicie verdi beccate con le mani nel sacco, strapazzate da inchieste che ne hanno marchiato la pelle e la credibilità, disintegrando in un sol colpo le bugie del patron Bossi, dei suoi arguti rampolli e della sua accolita di servitori fedeli e omertosi.

Le bocche dei soldati padani, però, dopo avere incassato i pugni e aver smesso di masticare e borbottare, oggi ritrovano fiato e, utilizzando Formigoni come agnello sacrificale, tornano a recitare la parte dei “puri”, tentando disperatamente di far dimenticare al popolo italiano, non particolarmente dotato di memoria, gli scandali e la cattiva politica di cui la Lega è stata protagonista. Il rischio maggiore è che la gente ci caschi e scambi il vecchio per il nuovo, punendo solo il capo banda e lasciando gli scagnozzi liberi di circolare ancora tra i banchi del potere. D’altra parte, in questo mucchio rumoroso di cavalieri armati che si fronteggiano a colpi di proclami e di accuse reciproche, dove perfino chi annuncia (finalmente!) il ritiro dalla competizione elettorale fa rumore e riempie per giorni gli spazi dei media, è facile che la rabbia dei cittadini italiani si disperda.

Una rabbia che a volte è critica e giustificata, mentre altre volte è solo una forma mascherata del qualunquismo irritante di chi, per anni, è rimasto immobile, perfettamente integrato ed a suo agio in un sistema di clientele, favoritismi, furbizie, scorciatoie, cattiva politica e acritico consenso nei confronti di chi ha provato a devastare il Paese, procurandogli danni a cui oggi dobbiamo urgentemente porre rimedio. Non solo tra i politici, dunque, ma anche tra il popolo, tra quei “coraggiosi” individui che fanno branco urlando, spintonando e magari sognando un triste remake del lancio di monetine dell’hotel Rafael, c’è chi prova ad ingannare se stesso e gli altri, tentando una trasformazione da servile complice dello sfascio ad elegante fanciulla dai sani principi. Il ballo delle (finte) debuttanti ha appena avuto inizio e suona le note di un valzer, nel quale una schiera di sacre e rigenerate vergini danza davanti a noi, confidando segretamente nella nostra scarsa memoria.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org