Le elezioni del prossimo ottobre in Sicilia: un momento che i siciliani (o almeno una loro parte) attendono da tempo, vogliosi di voltare pagina dopo due governi guidati da Cuffaro e uno da Lombardo. Ci speravo anche io, credevo fosse la volta buona per un cambiamento netto, per una rivoluzione. Non sarà così, perché la storia ci insegna che la rivoluzione, prima che dal popolo, deve partire dalle avanguardie illuminate che ne sanno fissare i principi e trasformarli in scelte di azione e codici di comportamento. Speravo con tutte le mie forze che fosse Rosario Crocetta l’avanguardia capace di guidare la Sicilia ad una svolta. Lo aspettavo da tempo. L’attesa è già finita, le speranze di cambiamento già deluse, ancor prima di iniziare. 

Sia chiaro: io non metterò mai in discussione il valore umano di Crocetta e la sua onestà (come qualcuno sta facendo e, francamente, con qualche eccesso di troppo), ma non posso più difenderne le scelte politiche. Questo mi addolora, perché ero disposto a scendere da Milano per votare, visto che per anni ho sognato la candidatura di Crocetta, l’ho sollecitata anche in alcuni articoli, l’ho auspicata quando, nell’ottobre del 2010, lo intervistai per un’antologia sulla mafia (“La giusta parte”, Caracò editore, 2011) in cui mi venne chiesto di scegliere di raccontare due storie siciliane antimafia: quella di un uomo vivente in lotta (e tra tutti scelsi Rosario) e quella di una vittima di mafia (e, ironico a pensarci oggi, scelsi Pippo Fava, che considero un esempio e un maestro).

Oggi, invece, non posso fare a meno di misurare la mia delusione, che è quella di tantissime persone con cui parlo, da Catania a Siracusa, a Ragusa, gente che sperava in Crocetta e che oggi non voterà o voterà Fava per protesta o perché, anche se magari può apparire snob e lontano dal popolo e dai suoi problemi quotidiani, almeno ha mostrato la coerenza  di stare a sinistra, senza scendere a compromessi, e di stare ben lontano dalla gentaglia che ha distrutto la nostra isola in questi decenni e contro cui abbiamo combattuto ogni giorno. A partire da Lombardo, che il Pd ha sostenuto. Ora, come si può pensare di cambiare la Sicilia mettendosi a fianco di uomini come l’Udc D’Alia e l’ex Pdl Nello Di Pasquale? Come si fa a stare con loro? Come si fa a non dire nulla contro Ciancio, editore-mafioso di Catania?

Mi pongo queste domande con il dolore acceso di chi era pronto a tutto pur di vedere Rosario Crocetta alla guida della regione che ho dovuto lasciare. E mi fa male pensare che io, pur di non cedere al compromesso, al clientelismo, da laureato a schiena dritta, a 31 anni ho abbandonato la Sicilia, che amavo e non avrei mai lasciato. Ora qualcuno cerca di convincermi che il compromesso con i carnefici del mio futuro, quelli che hanno svenduto la Sicilia e i siciliani a chiunque, quelli che hanno fatto sì che io e tanti come me se andassero via per rimanere liberi e non diventare schiavi delle schede elettorali pilotate in cambio di lavoro, sia l’unico modo per vincere e cambiare le cose.

Non si rendono conto che così stanno perdendo gli elettori? Non solo di sinistra, ma anche tutti quelli che, pur non stando a sinistra, probabilmente avrebbero votato per l’ex sindaco di Gela, simbolo della lotta antimafia in una delle aree più difficili della geografia mafiosa siciliana. I tempi erano maturi per competere da soli, con il sostegno del popolo siciliano sulla cui libertà e intelligenza evidentemente non mostrano di avere fiducia. C’è voglia di cambiamento, una voglia che mostrammo con le primarie di Rita Borsellino alle regionali, perse solo perché “l’universo” a sostegno di Cuffaro era ovviamente più forte.

Ora ci si allea con l’Udc, con quelli che hanno sostenuto (o non hanno contestato, per me fa lo stesso), un uomo legato ad Aiello e a Provenzano. No, questa scelta è indifendibile, offensiva, violenta. La delusione è forte, l’amarezza enorme, la rabbia di non votare, per la prima volta in vita mia, è immensa. E l’indifferenza (se non la scortese arroganza) che alcuni sostenitori di Crocetta mostrano nei confronti di chi pone queste domande e mostra questi sentimenti è ancora più lacerante nell’anima di chi ieri sperava e oggi ha smesso di sperare, consapevole che questa occasione, quasi certamente, non l’avremo mai più.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org