C’è qualcosa che fa più paura di parole ingiuste e oltraggiose: il consenso che ricevono. L’ultimo caso è quello ormai noto del ministro Fornero, la quale ha pensato bene di scaricare in un istante uno dei principi fondanti della Costituzione italiana e del nostro impianto democratico, affermando che “il lavoro non è un diritto”. Nonostante le reazioni sdegnate di una parte dei cittadini e di qualche forza politica (Idv soprattutto, perché il Pd rimane cauto per paura di andare contro il governo che appoggia), c’è stato anche un inatteso consenso, in troppi casi poco ragionato, molto di pancia e perfino sospetto. Il caso limite è quello del giornale on-line linkiesta.it che, in un articolo firmato da Massimiliano Gallo, si lascia andare ad un’analisi che ha i toni dell’apologia e della propaganda, scadendo persino nel ridicolo quando arriva ad affermare, con tono da salotto di estetica, che la ministra “è una donna di 64 anni, anche molto affascinante a parere di chi scrive”.

Un pezzo irritante, non per le posizioni espresse, che, seppur non condivisibili, sono ovviamente legittime, quanto per il tono trionfalistico e per l’assoluta irrazionalità e sconclusionatezza delle tesi sostenute e delle accuse rivolte alle femministe e alla sinistra, rei di non aver applaudito la Fornero e le sue affermazioni, ritenute dall’autore del pezzo una vera “rivoluzione culturale”. Un delirio che non trova freni, diventando quasi imbarazzante. Sembra di assistere all’ipnosi di un serpente ad opera di un bravo fachiro. Viene da vergognarsi per l’autore e per il giornale che ne ospita il pensiero e, probabilmente, ne condivide i modi attraverso cui viene espresso.

Chi non la pensa come la Fornero è immediatamente e senza vie di uscita etichettato come amico di Gianni Letta, indicato come il manovratore della nomina di Mastropasqua alla guida dell’Inps, l’istituto previdenziale in polemica con il ministro per la vicenda dell’effettiva stima dei cosiddetti esodati, cioè persone che rimangono senza retribuzione e senza pensione a causa dell’applicazione della riforma dello scorso dicembre (altra grande opera della Fornero e di Monti). La sinistra che non approva le parole del ministro è amica di Gianni Letta. Tutti coloro che hanno contestato la sciagurata affermazione della lady di ferro del governo sono amici di Letta. Questa l’illuminante apertura dell’articolo di Gallo. Ma il meglio (o peggio, dipende dai punti di vista) deve ancora venire. A sostegno del ministro del Welfare, l’entusiasta giornalista pone le frasi da lei pronunciate sui giovani italiani: poco istruiti, incapaci di far di conto, ignoranti (“non conoscono le lingue, italiano compreso, e neanche i rudimenti della matematica…”) e con un livello di istruzione di bassa qualità.

In più, si riporta l’affermazione di un paio di mesi fa, quando la Fornero disse che i ragazzi sono bamboccioni e che a 29 anni si è pronti per un contratto e per lasciare casa. Ovviamente smentire queste castronerie è semplice se vivi nella realtà e la guardi con spirito critico, senza lasciarti sedurre dalla “affascinante” Elsa. Basterebbe portare ad esempio le migliaia di eccellenze che provengono dalle università italiane e che si sono formate con il nostro sistema di istruzione (che nonostante i recenti tentativi di distruggerlo è ancora riconosciuto come uno dei migliori al mondo), eccellenze che però rimangono parcheggiate nelle università, tenute sotto scacco dai baroni, da chi conserva più di una cattedra, da chi non apre spazi per studio e ricerca, costringendo tantissimi ragazzi e ragazze ad andare all’estero o a scegliere occupazioni lontane dal proprio piano di studi.

I giovani sono bamboccioni? A 29 anni si è pronti per un contratto e per lasciare mamma e papà? Certo, a patto che i contratti te li facciano e che non siano i soliti progetti di 6 mesi o di 1 anno, senza prospettive né garanzie. Perché i mutui e gli affitti non sono fittizi, li devi pagare davvero. Ma forse l’autore di questo spot per la Fornero non ha di questi problemi. Forse vive in un’altra dimensione. E ciò lo porta a non accorgersi di una contraddizione notevole, relativamente alla sua adorata Elsa: lei chiede sacrifici, dice che il posto di lavoro non è un diritto, ma qualcosa da conquistarsi con fatica. Vale anche per i figli dei ministri? Questo Gallo non se lo chiede e finge di non sapere quali sacrifici abbia affrontato Silvia Deaglio, figlia della Fornero.

In quanto il posto di lavoro non è un diritto e bisogna faticare per averne uno, la brillante figlia del ministro studia, si laurea brillantemente a 24 anni e, come tutti i comuni mortali che studiano e si laureano, dopo dottorato e master, diventa a soli 37 anni (con 6 anni di anticipo rispetto alla media di ingresso) professore associato di genetica medica alla facoltà di Medicina presso l’Università di Torino, guarda caso lo stesso ateneo in cui insegnano mamma e papà (l’economista Mario Deaglio). Non solo, come ricorda il Corriere della Sera, in un articolo del 7 febbraio 2012, il concorso la giovane Deaglio lo ha vinto “nella facoltà di Psicologia di Chieti, nel 2010, prima di essere chiamata nell’ottobre del 2011 a Torino, l’università di famiglia”.

Oltre al suo curriculum e alla sua indiscussa bravura (ma non è la sola in Italia), per Silvia Deaglio, nella valutazione comparativa è stato fondamentale il ruolo di capo unità di ricerca all’Hugef, una fondazione di ricerca sponsorizzata dalla Compagnia San Paolo, altra fondazione (e prima azionista del gruppo Intesa San Paolo) di cui la Fornero è stata vicepresidente. Proprio la Compagnia San Paolo ha finanziato numerose ricerche della brillante professoressa Deaglio, un elemento questo a quanto pare molto considerato ai fini del concorso per professore associato. Come riportato sempre dal Corriere, sul verbale di concorso, infatti, oltre ai titoli e al prestigioso curriculum, si legge testualmente: “La candidata dimostra inoltre un’ottima capacità di attrarre fondi di finanziamento per la ricerca: infatti è responsabile di rilevanti progetti di ricerca”.

Lo dite voi all’autore dell’articolo pubblicato su linkiesta.it che la rivoluzione culturale la cara Elsa Fornero dovrebbe cominciarla da casa sua? Magari suggeritegli anche che scriva al ministro che i sacrifici prima di pretenderli da tutti noi, che li facciamo ogni giorno senza godere di privilegi e scorciatoie, li chieda alla figlia. O forse ritiene che noi giovani italiani, ignoranti, privi di capacità cognitive, linguistiche e logico-matematiche, non potremmo mai aspirare ad un posto così di prestigio? Caro Gallo e cara, affascinante Fornero, avete ragione: il lavoro in Italia non è un diritto, ma un privilegio.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org