Si discute da una settimana della riforma della scuola proposta dal ministro Profumo. Una vera e propria Notizia, convinto com’ero che il ruolo del governo italiano si fosse ridotto al ruolo di ragioniere, ufficio non autonomo ma delegato dalla Merkel. Riportare al centro del dibattito un tema scottante ma fondamentale è assolutamente un fatto positivo. Che lo si faccia in un periodo “freddo”, vista la fine degli anni scolastici e la sessione di esami estiva per gli universitari, lo è un po’ meno. Ma cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno, almeno in prima battuta. Il fantomatico merito viene pensato come realtà piuttosto che come slogan, perciò si predispongono una serie di incentivi e “premi” per i più bravi. Profumo lancia però l’esca e al coro di voci che gli ricordano che l’Italia non è fatta solo di coda destra della distribuzione normale, risponde prontamente parlando di soldi per tutti. Di concreto ad oggi nulla, se non uno sfumato dibattito al quale nessuno sembra ormai più interessato.

La shelf life della riforma scolastica è persino più breve dei nostri contratti. Peccato. Perché potrebbe essere finalmente l’occasione di ragionare, e questa volta seriamente sul tema. Da quando ho avuto coscienza dell’attualità ho sentito parlare di almeno 4 riforme della scuola e di cambiato c’è solo il budget per l’istruzione e una serie non meglio definita di rattoppi venuti male qua e là. Permettetemi di fare un discorso di principio in linee molto generali, evitandomi il ragionamento di contabile di spulciatura dei dati (come se i dati avessero sempre la meglio e avessero sempre ragione soprattutto riguardo ad un tema così delicato). Quel che si è visto sinora è la pretesa di prendere a colpi di accetta un argomento, quello dell’istruzione, del quale chi ne parla pare non avere una precisa percezione.

Prima di riformare bisogna conoscere lo status quo e bisognerebbe farsi un giro in qualche liceo o, ancor meglio, in qualche istituto professionale. E non nel centro di Roma o Milano, ma in provincia. Andare lì ad analizzare cosa serve e cosa manca. Ma ancor prima bisognerebbe affermare che un livello medio alto di istruzione è auspicabile e necessario per tutti. Un livello che ormai non è più raggiungibile con i soliti sistemi invalsi da quando i miei genitori frequentavano le scuole superiori senza tener conto del cambiamento in atto. Parrà banale ma voglio raccontare un breve episodio che dovrebbe porre dei problemi ben precisi al ministro Profumo.

Durante una conferenza un docente universitario mi disse a margine della stessa, durante un breve colloquio circa l’Università: “Sai cosa mi avvilisce di più? Il silenzio degli studenti quando chiedo una loro opinione”. La sua analisi è stata precisissima. Un punto infatti sul quale bisognerebbe ragionare consiste nel riscoprire nel docente il ruolo di maestro, di persona da cui poter imparare. Se sin dal liceo costei/costui era niente altro che una persona che ripeteva quello che leggevo in un libro, che potevo approfondire in 30 secondi netti su internet  (ovviamente non per tutte le materie ma per gran parte delle stesse), che potevo scoprire e arricchire sul web, è chiaro che all’università nessuno possa chiedermi di essere ascoltato o di ricevere un’opinione. Nessuno me l’ha mai chiesta e nessuno mi ha mai insegnato ad averla. È infatti l’istruzione superiore quella più sensibile e più delicata da affrontare.

Per una generazione senza guide bisogna almeno risvegliare l’interesse per qualsiasi cosa. Quanti vanno all’Università senza una direzione precisa, senza idee, completamente allo sbaraglio? Più che quando è morto Giulio Cesare bisognerebbe insegnare a porsi il problema che sta a monte e che spinge a imparare e a impegnarsi. Ma questi sono ragionamenti troppo futili per chi tratta la nostra generazione come una generazione di laureati con 110 e lode, licenziatisi dalle migliori università. E poi alla fine hanno ragione: le scienze umanistiche e i problemi che pongono non valgono nulla.

Penna Bianca -ilmegafono.org