Il terremoto che domenica scorsa ha scosso l’Emilia e parte della Lombardia ha causato, oltre che sette morti, gravissimi danni. Quelli più evidenti a palazzi e capannoni crollati e, quelli meno evidenti, a edifici rimasti sì intatti, ma con problemi di agibilità da risolvere. C’è però un altro tipo di danno che va oltre l’aspetto economico e finanziario. È un “danno” che si legge negli occhi dei migliaia di sfollati, è quella paura, mista a disperazione e tenacia, che abbiamo già visto nel volto di altre centinaia di migliaia di persone in altre parti del mondo o nel nostro Paese in anni passati. È la consapevolezza che le calamità naturali, spesso imprevedibili come il terremoto del 20 maggio, ci rendono nudi e impotenti di fronte alla nostra fragilità.

A una settimana dal sisma, molti affermano che, in fondo, il patrimonio abitativo di quel territorio ha risposto bene “allo sciame sismico” e che, quando la gente avrà riacquistato fiducia e la paura si sarà attenuata, il calcolo dei danni “materiali” sarà inferiore rispetto alle stime di questi giorni. Eppure c’è qualcosa che non potrà mai essere cancellata dal ricordo delle persone colpite: è proprio quella consapevolezza che la natura, in qualsiasi momento, può giocare brutti scherzi ed è necessario essere pronti.

Pronti a terremoti, alluvioni e altre calamità che, laddove il territorio è più antropizzato e meno rispettato, come in moltissime regioni italiane, non risparmiano case, chiese, fabbriche, intere città come l’Aquila. Nel nostro Paese, purtroppo, non mancano gli esempi di disastri naturali e solo chi li ha vissuti può capire quanto sia importante tutelare il territorio per evitare che generino ulteriore distruzione. Non è un caso che il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, abbia disposto l’apertura di un conto corrente per raccogliere fondi da destinare alle popolazioni dell’Emilia Romagna e del Nord Italia colpite dal terremoto. Cialente ha auspicato che ‘“enti, imprenditori e tutti i cittadini dell’Aquila partecipino generosamente a questa iniziativa, ben conoscendo le sofferenze che genera una tragedia di questa portata’”.

Anche altri Comuni, come Torino, Genova, Milano, Verona, Ferrara e Piacenza al Nord e Roma, Pesaro, Terni e Foligno al Centro e Napoli al Sud, hanno risposto agli appelli di solidarietà dei sindaci emiliani, insieme a tantissime altre piccole cittadine da tutta la Penisola, a dimostrazione che in Italia la solidarietà non manca. Nel nostro Paese manca però la prevenzione: e, se anche in Emilia i danni non sono stati “incalcolabili”, questo non può e non deve dissuaderci dall’idea che solo attraverso la prevenzione è possibile reagire agli “scherzi” della natura.

Una volta “che la gente avrà riacquistato fiducia e la paura si sarà attenuata”, quindi, sarà necessario, anzi indispensabile, pensare a un piano per il dissesto idrogeologico, che diventi obbligatorio per ciascun Comune italiano. Un piano per la cura del nostro Territorio, fragile e meraviglioso allo stesso tempo, e troppo spesso danneggiato dall’ignoranza e dalla stupidità, due difetti cui molti di noi cercano di rimediare solo in caso di emergenza.

G. L. -ilmegafono.org