Alla fine, dopo i 90 giorni di riflessione chiesti a gennaio dal ministro Passera, il governo ha deciso: stop al Beauty Contest per le frequenze del digitale terrestre. L’operazione scandalosa che il precedente esecutivo guidato da Berlusconi aveva messo in atto, per creare di fatto il monopolio Rai-Mediaset, attraverso l’assegnazione gratuita delle frequenze, è stata accantonata. La scelta dunque è quella di non regalare nulla, ma di andare ad un’asta, disciplinata dall’Agcom, a cui potranno partecipare tutte quelle emittenti che rispettano determinati criteri. Una scelta che è in linea con la situazione di crisi economica che l’Italia sta vivendo, in quanto sarebbe stato assurdo regalare frequenze piuttosto che venderle al miglior offerente, riuscendo così a realizzare entrate per le casse dello Stato ed evitando al contempo di favorire un monopolio inaccettabile per un contesto democratico moderno.

Le polemiche ovviamente non mancano, perché l’ex premier Berlusconi subisce un colpo al cuore degli interessi economici da sempre al centro della propria azione politica. Nei confronti del governo Monti il Pdl ha cercato di esercitare pressioni affinché non cambiasse le regole del giochetto orchestrato dal Caimano e dai suoi, puntando l’arma del ricatto sulla tenuta del governo, nel caso in cui il Beauty Contest fosse stato stoppato. E adesso? Il nervosismo è palese tra i banchi del Pdl, che ha stigmatizzato il cambio di direzione impresso dal ministro Passera, mentre è già depositato al Tar il ricorso che Mediaset ha presentato contro la decisione di sospendere il Beauty Contest assunta dallo stesso Passera a fine gennaio. L’equilibrio è precario e il rischio che si aprano comunque vie all’aggiramento dell’ostacolo è sempre alto.

Certo è che il ricorso all’asta pubblica segna davvero il superamento di una fase in cui tutto veniva stabilito e approvato a colpi di maggioranza e sempre sulla base degli interessi del capo, personificazione di quell’anomalia tutta italiana che, dell’inesistenza di un’apposita regolamentazione sul conflitto di interessi, ne ha fatto uno strumento di accrescimento del consenso, del potere e, cosa non meno importante, della propria ricchezza. Il potere di ricatto, adesso, è minore per due ragioni: la debolezza generale dei partiti di fronte alle inchieste e a gli scandali, come quelli che hanno coinvolto numerosi rappresentanti del governo regionale lombardo e la vicenda che ha travolto la Lega; la maggiore fiducia e serietà riconosciuta ai tecnici che hanno preso il timone di un Paese allo sbando.

Dopo l’affronto dello stop al Beauty Contest, l’ira del Pdl è obbligata a trovare un limite, perché nessuno può permettersi il lusso di giocare a carte scoperte in questo momento, mandando a casa Monti e assumendosi la responsabilità dinnanzi agli italiani, di cui non si conosce ancora bene il livello di gradimento rispetto all’attuale esecutivo. Così, a meno di compromessi ed escamotages, si dovrebbe arrivare ad una libera contesa per accaparrarsi le frequenze. Una notizia importante, soprattutto per chi, in caso di approvazione del precedente disegno berlusconiano, avrebbe rischiato di chiudere.

Ovviamente il riferimento è a Telejato, la cui chiusura non solo determinerebbe la fine di un’emittente che da anni è in prima linea nella lotta alla mafia e al malaffare nel territorio caldo di Partinico e della Valle dello Jato, ma metterebbe a serio rischio Pino Maniaci, proprietario dell’emittente e direttore di quello che ormai è uno dei tg locali più seguiti in Italia e non solo, con oltre 200 mila telespettatori che seguono il telegiornale delle 14 in tv o sul web.

Come abbiamo già avuto modo di scrivere tante volte, se sparisse Telejato, non solo perderemmo un baluardo del giornalismo libero, ma un patrimonio di civiltà in una nazione in cui gli esempi di giornalismo a schiena dritta scarseggiano miseramente. Ecco perché, dopo mesi di preoccupazioni, di appelli, oggi, questa decisione di stoppare la cessione gratuita delle frequenze, pur non consentendoci ancora di cantare vittoria, ci dà comunque un segnale di speranza per la tutela della libertà di informazione e per la sopravvivenza di Telejato. Attendiamo sviluppi, attendiamo di avere la notizia definitiva che Telejato è salva.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org