Quella di Rocco Gatto è una delle tantissime storie di uomini uccisi dalla ′ndrangheta e da un sistema marcio, che, pur col passare degli anni, non riesce ad essere abbattuto. Rocco Gatto era un semplice mugnaio di Gioiosa Ionica, piccolo centro in provincia di Reggio Calabria, ed è noto alla cronaca per essere stato uno dei primi commercianti (se così lo si può definire) ad essersi ribellato contro il pizzo imposto dalla criminalità organizzata. Se pensiamo al contesto storico in cui egli si trovava (fine degli anni ′70), possiamo ben capire quanto fosse difficile quell′atto di ribellione, combattere la mafia da soli, combatterla per se stessi. Rocco Gatto è l’esempio di uomo onesto che meriterebbe di essere raccontata di più. Gatto è l′espressione migliore di un ceto sociale ancor presente nel Meridione, di quella fetta di società meno abbiente che dispone solo della terra, dei propri raccolti. Uno spicchio di società in cui, spesso, la criminalità organizzata va alla ricerca di nuovi esponenti, di nuove forze, favorendosi proprio della condizione economica precaria della gente. La storia di Rocco Gatto è, quindi, un esempio di giustizia e rigore morale.

Comunista sin dalla nascita, Rocco lavora in un mulino come garzone per poi diventarne il proprietario. Proprio in questo periodo, intorno alla metà degli anni ′60, egli conosce la criminalità organizzata. È la famiglia degli Ursini a farsi avanti: sorgono le prime richieste di pizzo (prontamente rifiutate), quindi le minacce, i furti e, per ultimo, l′incendio del mulino. Ma Rocco, cresciuto all′interno di una famiglia ricca di valori, non si arrese mai, continuò a difendere quei valori con determinazione e coraggio. Non cedette nemmeno quando, in un′altra delle ennesime intimidazioni, la mafia gli rubò un′intera collezione di orologi che lui amava riparare. Poi, nel 1976, il boss degli Ursini muore durante un conflitto a fuoco con i carabinieri e la ′ndrina locale impone il coprifuoco in tutto il paese, ordinando la chiusura dei negozi. Rocco però non ci sta. Fu infatti l′unico commerciante a proseguire la propria attività. Subito dopo i fatti, inoltre, egli stesso si recò dai carabinieri per denunciare l′accaduto, facendo nomi e cognomi. Perché lui sapeva, lui conosceva. Tutto il paese ne era al corrente, ma solo lui ebbe il coraggio di farsi avanti.

Un atto di coraggio e di dignità come quello di questo giovane mugnaio fa pensare a tutte quelle persone che come lui hanno aperto la strada ad un processo di denuncia (e al tempo stesso di conoscenza della criminalità organizzata) che ci ha permesso, oggi, di combatterla con armi sicuramente più adeguate. Proprio per quell′innato coraggio, però, Gatto pagò  con la propria vita: il 12 marzo 1977, in una stradina che conduce dal paese a Roccella Ionica, i killer lo uccidono mentre era al volante del suo camioncino, ponendo così fine a quella che poteva sembrare una svolta nelle coscienze calabresi. Una svolta che, anche se temporanea, si ebbe però a livello nazionale subito dopo l′omicidio: in onore del mugnaio, infatti, venne creato un murales (poi restaurato nel 2008) da alcuni artisti locali e militanti della sede milanese del PCI, accorsi a ricordare un comunista come loro, un comunista ed un lavoratore serio che non si era mai arreso alle insistenti minacce mafiose.

Nel 1982, inoltre, il padre Pasquale ricevette direttamente dall′allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini la Medaglia d′oro al Valor Civile in memoria del figlio scomparso, rendendo così onore ad un uomo che ha dato tutto ciò che aveva (compresa la propria vita) al fine di difendere la propria libertà e la propria dignità. Rocco Gatto non va dimenticato. Come lui, anche oggi vi sono tanti altri uomini coraggiosi e liberi che combattono la criminalità organizzata rischiando la propria vita: non dobbiamo lasciarli soli. Non dobbiamo fare in modo che la mafia vinca questa battaglia.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org