Ancora un altro importantissimo colpo è stato inferto alla criminalità organizzata siciliana con un’operazione che ha portato al sequestro di oltre 25 milioni di euro di beni ed ha messo in luce, per l’ennesima volta, relazioni poco pulite tra mafia, politica e imprenditoria. Il tutto, secondo l′indagine svolta dalla Questura e dalla Guardia di Finanza di Trapani, ruoterebbe attorno all’imprenditore Michele Mazzara, originario di Paceco (piccolo centro alle porte di Trapani), molto vicino agli ambienti di cosa nostra ed elemento di prestigio per il boss  Matteo Messina Denaro. L’operazione Panoramic (che prende il nome da un albergo messo sotto sequestro), ha infatti dimostrato come Mazzara avesse accumulato nel corso degli anni una grossa quantità di denaro avvalendosi di speculazioni immobiliari. Nella fattispecie, avrebbe contribuito alla costruzione di alberghi ed opifici nella provincia trapanese. In realtà, però, l′imprenditore non sarebbe nuovo agli ambienti della giustizia, avendo avuto diversi problemi già in passato: nel 1997, infatti, venne arrestato perché indicato da diversi pentiti come elemento molto vicino alla famiglia mafiosa dei Milazzo (operante nel territorio trapanese), favorendo, inoltre, la latitanza di alcuni boss.

Dopo la permanenza in carcere, l′imprenditore, tornato in libertà, avrebbe stretto un rapporto ancor più intimo con cosa nostra, ricevendo in cambio la possibilità di gestire l’edilizia nel trapanese. Insomma, un ruolo strategico per la cosca, che beneficiava dei suoi rapporti con imprenditoria e politica per ricavare grosse quantità di denaro. A proposito di ciò, gli inquirenti avrebbero scoperto l’esistenza di legami tra Mazzara e il mondo politico: egli, nel 2007, avrebbe infatti cercato di avvicinare candidati alle amministrative di Paceco al fine di “procurare utilità a soggetti a lui contigui”. Nell’inchiesta si fanno anche i nomi di Giuseppe Maurici, ex deputato regionale di Forza Italia e oggi presidente del consorzio ASI (aera di sviluppo industriale) e Antonio D’Alì, ex sottosegretario all’Interno e attuale presidente della commissione Ambiente del Senato. Nel primo caso, l’ex deputato avrebbe mostrato un forte interesse nei confronti di un cantiere in costruzione di proprietà di Francesco Nicosia, anch’egli colpito dal sequestro.

Mazzara, però, pur non comparendo come proprietario dell’impresa, agiva diversamente, a dimostrazione, per l’appunto, del suo controllo e della sua influenza sul mondo imprenditoriale locale. Nel secondo caso, invece, si tratta di un tentativo di contatto con D’Alì. Mazzara, infatti, avrebbe tentato di ricevere aiuti da parte del senatore per la realizzazione di un documentario sulla provincia trapanese. Al momento, la Dda di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per il senatore, ma è probabile che si concluderà con un nulla di fatto. Ciò che si evince maggiormente dall’inchiesta è, però, la presenza sempre più massiccia della criminalità organizzata nell’edilizia. L’estorsione, come ha affermato qualche giorno fa Giuseppe Linares, dirigente della divisione anticrimine della questura di Trapani, è solo una “specialità di altri mandamenti mafiosi”. A Trapani, la mafia “preferisce inserirsi in modo fittizio, con prestanome o direttamente con soggetti incensurati, nel sistema imprenditoriale ed economico del territorio”.

E quest’ultimo caso lo dimostra pienamente. Mazzara, infatti, non solo collaborava con i diversi prestanome al soldo della cosca, bensì agiva come proprietario delle imprese degli stessi, assumendo quindi un ruolo ancor più importante. Era, in pratica, cosa nostra in persona. Colui che realizzava ciò che la mafia chiedeva. Se qualcuno voleva rivolgersi al proprietario di un’impresa, questi lo rispediva da Mazzara. Un uomo, insomma, che aveva nelle proprie mani responsabilità enormi ed un potere altrettanto immenso. Con un’operazione così importante, adesso, il cerchio attorno a Matteo Messina Denaro continua sempre più a restringersi. All’interno della questura trapanese c’è aria di speranza, eppure il dirigente Linares è convinto che non si tratti di un compito così semplice: Denaro “non è uguale ad altri latitanti, non partecipa a riunioni, non va di persona a compiere estorsioni, ha a disposizione un circolo di soggetti che si muovono attorno a lui”. Ma ciò che è più importante è “rendere anoressiche le risorse che servono al latitante Matteo Messina Denaro”. La sensazione è che con operazioni del genere, prima o poi, potremo scrivere parole più confortanti.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org