Non ci sono più alibi adesso. In un pomeriggio di inizio gennaio l’Italia ha subito uno schiaffo terribile, umiliante, durissimo. Vedere Nicola Cosentino, presunto referente politico dei “casalesi”, salvarsi nascondendosi dietro il muro di carne marcia che ingombra gli scranni della massima istituzione della democrazia popolare, è lo spettacolo orrido che non avremmo mai voluto vedere. Per la regia e la realizzazione si ringrazi (o meglio si insulti) il centrodestra, che ha scelto, in modo inequivocabile, di stare dalla parte di chi viene indicato come un pericoloso delinquente che avrebbe coccolato, a suon di favori, uno dei clan più efferati della camorra. Il Pdl ha votato compatto e con esso Radicali (coerenza sconclusionata, folle, complice) e Lega. Già, i “celoduristi”, che chiedono legalità, che fanno le ronde, le marce dimostrative, quegli stessi che osannavano il duro Maroni e si assumevano indebitamente il merito dei tanti arresti che magistrati e forze dell’ordine eseguivano nella lunga lotta alle mafie. Proprio loro. Tanto determinati nel perseguitare poveri cristi e disperati e poi tanto proni e servili dinnanzi all’ombra del gigante camorra, lo stesso a cui anni fa sono state spalancate le porte dei comuni e del tessuto economico del nord, di quella fantomatica Padania tutta ampolle, urla e folklore, dietro cui si celano poltrone, soldi, speculazioni, clan e ‘ndrine. La Padania dove ci sono giornalisti e autori teatrali minacciati e costretti a vivere sotto scorta.

La Lega ha tirato giù la maschera, si è lasciata comprare facilmente, come è sempre accaduto in tutti questi anni al fianco dell’amico Silvio. “Libertà di coscienza”, l’ha definita Bossi. Sarebbe più logico chiamarla libertà di cosciente convenienza, perché salvare Cosentino significa salvare Berlusconi, il Pdl e quel sistema maleodorante che per anni ha gestito la politica italiana, un sistema di cui le camicie verdi sono parte integrante e da cui hanno tratto potere e profitto. È bastato un incontro per capirsi, contrattare e stringere un patto che ha dato i suoi frutti. Cosa abbia promesso in cambio il Pdl non è dato saperlo, ma di certo, come ha commentato Saviano, il silenzio di Cosentino è prezioso per chi ha governato in questi anni, così come per molti imprenditori legati alla politica, perché parliamo dell’uomo che ha guidato il Pdl in Campania, l’uomo che “conosce tutte le dinamiche legali e illegali avvenute in Campania durante l’emergenza rifiuti”. Un patto omertoso, una vergognosa dimostrazione di complicità e di resa delle istituzioni al giogo mafioso.

Perché non si tratta di un semplice atto di casta, di autoconservazione di privilegi diffusi, ma di qualcosa di ancor più grave, più intollerabile: questo è un atto mafioso, a tutti gli effetti, con cui si cerca di uccidere la verità, attraverso il voto del silenzio, lo stesso a cui promettono fedeltà i boss e i loro affiliati. Questi omertosi hanno bruciato i santini della Costituzione, hanno punto le istituzioni di cui sono parte con l’ago infetto del potere, lasciando sanguinare la democrazia e giurando di essere pronti a distruggere l’Italia pur di evitare la galera per se stessi e per i propri compari. Mentre magistrati, poliziotti, giornalisti, scrittori, sindaci onesti, sacerdoti, commercianti, cittadini combattono spesso da soli contro la criminalità, subendo pressioni, minacce, attentati, le istituzioni che dovrebbero tutelarli si schierano dalla parte opposta. E lo fanno apertamente. Senza vergogna. Toccherà a noi adesso rimediare, toccherà ai cittadini onesti non dimenticare, al momento del voto e non solo.

A Milano, tra due domeniche (il 22 gennaio), ci sarà una grande manifestazione della Lega contro il governo; a Milano, tra due domeniche, la gente dovrebbe fischiarli, insultarli, deriderli, lanciare acqua gelata dai balconi. Perché quella gente sporca le strade di ipocrisia, di fango, di mafia. Quelle camicie verdi sanno di soldi, di sacchi di denaro arraffati ovunque, anche nella odiata “Roma ladrona” che le sfama, puzzano di ‘ndrine e clan con cui firmano contratti e gestiscono appalti, puzzano di rifiuti sversati al Sud. E la purezza che sostengono di avere è un concetto a loro estraneo. La mafia è un problema nazionale, forse oggi se ne sono resi conto tutti. E il Parlamento, ancor più negli ultimi anni, è il luogo in cui si celebra il matrimonio perverso tra le diverse organizzazioni criminali. Ciascuna ha il suo referente, ciascuna dialoga con l’altra. La protezione è garantita. Basta votare e far votare compatti. Magari invocando “la libertà di coscienza”, ben sapendo che la coscienza da certi luoghi non è mai passata.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org