Un nuovo, durissimo colpo è stato inferto alla criminalità organizzata siciliana. I Carabinieri di Palermo, infatti, sono giunti alla conclusione di una lunga indagine con l′arresto di ben 39 elementi appartenenti a diverse cosche mafiose tutte molto attive nell′hinterland palermitano. L′inchiesta, nota con il nome Hybris, avviata nel 2007 dalle forze dell′ordine palermitane, è riuscita a colpire diversi elementi di spicco di cosa nostra, tra cui il noto Giovanni Nicchi, giovane rampante della mafia palermitana arrestato nel dicembre del 2009. Gli uomini arrestati nel corso di quest′ultima operazione sono accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata alle estorsioni, alle rapine e al traffico di stupefacenti e, tra l′altro, di aver favorito le latitanze di Filippo Annatelli e dello stesso Nicchi. E non è tutto. Secondo quanto ricostruito dagli agenti, i gruppi coinvolti nell′inchiesta, tra cui il mandamento dei Pagliarelli e la potentissima famiglia di “Borgo Vecchio”, avrebbero concentrato la propria potenza sull′estorsione e il racket, riuscendo a colpire ben 30 imprenditori, tra cui proprietari di pizzerie, cinema e persino di una palestra.

I soldi ricavati andavano poi ripartiti in modalità e con scopi diversi: la maggior parte serviva a finanziare il mercato di sostanze stupefacenti, ma era anche importante proteggere la latitanza dei boss, oltre che il mantenimento degli affiliati finiti in carcere. Una macchina da soldi, dunque, che avrebbe presto colpito molti dei commercianti intrappolati nella morsa dell′estorsione. I Carabinieri, infatti, grazie alle intercettazioni effettuate negli ultimi tempi, sarebbero riusciti a interrompere ulteriori attività estorsive e a prevenire possibili attacchi contro chi si rifiutava di pagare il pizzo. Su internet, inoltre, circola il video pubblicato dai Carabinieri di Palermo inerente agli arrestati e al lavoro svolto egregiamente dall′inizio dell′inchiesta: un lavoro che ha portato allo smantellamento di alcune famiglie molto importanti nell′ambito della criminalità organizzata palermitana. E soprattutto ha offerto alcune sorprese gratificanti, tra cui una più netta, seppur ancor flebile, cioè la collaborazione dei commercianti con le forze dell′ordine.

Sarebbe stata proprio questa coesione, infatti, a favorire l′esito positivo dell′inchiesta e tutto ciò non può non indurre a riflettere: denunciare è un dovere, denunciare è l′unica via di scelta per la libertà dal racket, per quella dignità che, come recita un famoso striscione, rischia di scomparire pietosamente nell′omertà e nella paura di un intero popolo. A tal proposito si è espresso il senatore del Pd, Giuseppe Lumia, il quale, dalle pagine del suo blog, ha scritto: “Serve al più presto una legge sull′obbligatorietà della denuncia, per forzare il muro della paura e dell′omertà. Chiedo, pertanto, al governo di inserire questo provvedimento nel Codice antimafia in discussione in Parlamento”. L′idea, che assomiglia a quella già attuata da Confindustria Sicilia, appare come un possibile punto di svolta verso un cambiamento radicale, uno stravolgimento totale di vecchie e cattive tradizioni che vedono i commercianti piegarsi sotto i colpi durissimi della mafia.

Stabilire un contatto con i commercianti e riuscire a convincerli che pagare il pizzo è sbagliato; riuscire a far emergere il coraggio di persone realmente dignitose, che hanno a che fare con situazioni del genere (nel video citato sopra è possibile vedere il modo in cui un esponente mafioso, Giuseppe Bellino, venga quasi alle mani con un commerciante, non rinunciando a insulti e minacce poco rassicuranti). Si tratta di un impegno difficilissimo, ma è ciò che la politica dovrebbe promuovere ancor più di quanto non lo faccia tuttora. Insomma, le operazioni delle forze dell′ordine possono aiutare i commercianti e un intero popolo a sperare, a pensare che tutto possa cambiare. Ma manca il passo più importante, manca quel tocco risolutivo che solo la politica può porre in atto.

Leggi che favoriscano i commercianti e i cittadini onesti; leggi che induriscano ulteriromente, anziché alleggerirle, le condizioni del carcere duro. Ma anche una promozione più capillare e più attiva del comportarsi bene, del vivere civilmente. Ecco, forse il problema assume dei lineamenti più generali: è forse l′intera società a far poco o niente nella lotta alla criminalità organizzata. Una tra le più belle frasi di Paolo Borsellino è proprio riferita alla necessità di spezzare il silenzio, di non rinunciare a parlare di ciò che è la mafia: “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”. Parliamone, parlatene. Forse è in questo modo, così apparentemente semplice, che potremo davvero iniziare a sollecitare un cambiamento.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org