Il ministero dello Sviluppo Economico ha dato il via libera al rigassificatore Api di Falconara. Il 12 luglio scorso si è tenuta la Conferenza di servizi a Roma per l’autorizzazione alla realizzazione del terminale al largo delle coste falconaresi. L’impianto sarà in grado di contenere 4 miliardi di metri cubi di gas l’anno e sarà realizzato a 16 chilometri dalla costa, adeguando l’attuale piattaforma offshore utilizzata dalla raffineria API. Le navi, dopo aver effettuato il carico di gas liquefatto all’estero, potranno effettuare il processo di rigassificazione sulla piattaforma. Il gas sarà trasportato a terra mediante una conduttura sottomarina di 16 chilometri e da qui il suo cammino proseguirà per l’allacciamento alla rete nazionale nella località Case Latini.

Secondo il ministero e secondo le autorità cittadine e regionali, il progetto è in linea con gli standard ambientali e di sicurezza e permetterà all’Italia di accrescere la sicurezza delle forniture di metano e ad aumentare l’offerta di gas sul mercato e la concorrenza tra gli operatori, facendo diminuire il prezzo della bolletta per famiglie e imprese. Eppure movimenti ambientalisti e gruppi di cittadini non sembrano essere d’accordo. Esponenti politici dell’Idv e del Pd, con l’appoggio di parte della popolazione, sostengono che quanto deciso dai rappresentanti regionali (per altro la regione Marche è amministrata dai Democratici) non rispecchia la volontà della base e dei cittadini, anzi – dice il segretario dell’Idv falconarese, Maurizio Ulisse – sta creando una profonda frattura tra elettori e classe politica.

Le preoccupazioni ambientali sono molte. I rigassificatori, infatti, rilasciano vapori di metano, sono i cosiddetti “vapori di boil off” e sono altamente infiammabili. Inoltre per costruirli si opera un dragaggio dei fondali con ben 4.500.000 metri cubi di fanghi. I serbatoi di contenimento del gas liquefatto hanno un’altezza di un grattacielo di 17 piani, per non parlare poi delle sostanze inquinanti emesse nell’aria e delle masse enormi di acqua che rilasciano nella zona circostante con effetti dannosi sull’ambiente marino. Come sottolinea Ulisse, nell’accordo sul rigassificatore inoltre sono “completamente assenti” le clausole sanzionatorie, ossia “quelle particolari sanzioni che dovrebbero essere applicate nel caso vi siano incidenti o il mancato rispetto delle regole da parte dell’azienda API”.

Insomma, nel caso in cui si verifichino incidenti, come quelli mortali avvenuti nel 1999 e nel 2004 alla raffineria di Falconara, non si sa quale debba essere la sanzione per l’azienda e come debba essere affrontata la situazione. Tanto meno si capisce come l’impatto ambientale del progetto possa essere “in linea con gli standard internazionali”, quando già la zona di Falconara, con la raffineria API in funzione da oltre 50 anni, è stata definita “ad alto rischio ecologico”. Le spiagge falconaresi degli anni ’30, quando ancora la raffineria non esisteva e Falconara offriva un mare “pulito” per i marchigiani, sono ormai destinate a rimanere un lontanissimo ricordo. La città di Falconara sembra condannata ad un’esistenza nel gas e con il gas, fonte di ricchezza forse, ma non di felicità e salute per i suoi abitanti.

G.L.-ilmegafono.org