Anche quest′anno si è celebrato a Palermo il ricordo del giudice Giovanni Falcone, ucciso il 23 maggio 1992 a Capaci insieme alla propria moglie e alla scorta . Anche questa volta, l′emozione nell′aria era tanta e molta gente, accorsa da più parti d′Italia, ha voluto partecipare ad un momento così importante e significativo. L′iniziativa di commemorazione, organizzata dal ministero dell′Istruzione e dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, ha avuto inizio il 22 maggio, giorno in cui i partecipanti provenienti da tutto il Paese hanno percorso il lungo viaggio verso Palermo. Una particolare attenzione andrebbe posta ai ragazzi delle scuole che, imbarcatisi nelle “navi della legalità” da Civitavecchia e Napoli, hanno raggiunto il porto del capoluogo siciliano accolti da una folla immensa colma di coetanei palermitani, con canti e cortei che hanno dato il via alla giornata.

A differenza degli altri anni, però, quella di quest′anno è stata una manifestazione che ha avuto come tema principale la situazione attuale della magistratura e dei magistrati, in particolare la relazione che vi è fra questi e la politica. Ad oggi, infatti, il rapporto tra le due istituzioni è sempre più difficile e rischia di cedere pericolosamente, spesso a causa di alcune uscite poco rassicuranti del premier e dei suoi fedeli,  ossessionati dalle vicende poco chiare in cui lo stesso premier è coinvolto. Proprio di ciò si è discusso nel dibattito che, come di consueto, si è svolto nella stessa giornata all′interno dell′aula bunker del noto carcere dell′Ucciardone, a Palermo, “sede” del maxi processo avviato dallo stesso Falcone, insieme all′indimenticabile amico e collega Paolo Borsellino, in cui vennero processati e condannati pesantemente diversi elementi di spicco di cosa nostra.

Nomi importanti tra i presenti al dibattito, tra cui il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, il ministro dell′Interno, Roberto Maroni, e il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Nel corso del dibattito, davanti a centinaia di ragazzi, docenti e molti altri invitati, non è mancato qualche acceso scambio di opinione, soprattutto  tra il procuratore Grasso ed Alfano. I due, infatti, si sono scontrati sulla situazione attuale della magistratura, definita critica da uno ed in via di miglioramento dall′altro. Particolarmente dure le parole di Grasso. Secondo il procuratore, inoltre, “è difficile smorzare la tensione” con chi “ci prende a schiaffi, con chi chiama i magistrati matti, cancro, golpisti”. “La delegittimazione”, ha concluso, “rende tutto più difficile”.

Di pensiero opposto è stato invece il ministro Alfano, il quale ha subito commentato le parole di Grasso affermando che il governo lavorerà “perché siano garantite l′autonomia e l′indipendenza dei magistrati, perché nessuna nostra riforma vorrà mettere i Pm sotto l′esecutivo”. In realtà, però, ciò che si evince in questi ultimi mesi, stando a tutte le “leggine” presentate in Parlamento dalla maggioranza, è che l′organizzazione interna della magistratura non importi più di tanto, ma che, al contrario, ci sia il desiderio proibito, da parte della politica, di annullarla completamente. Lo stesso Grasso, infatti, ha poi aggiunto: “Più che di riforma della giustizia parlerei di riforma del rapporto tra magistratura e politica”.

Tuttavia, dal dibattito, conclusosi con due frasi di distensione espresse tra l′uno e l′altro, è emerso ancora una volta quella sorta di vuoto che incombe irrimediabilmente all′interno della politica. Al di là delle riforme sociali, che al momento potremmo definire fallimentari se non inesistenti, la tendenza a continui attacchi contro la magistratura sembra l′unica arma rimasta nelle braccia della maggioranza. Proprio nella giornata di giovedì, tra l′altro, il Presidente del Consiglio, Berlusconi, in occasione del G8 di Deauville, ha espresso al presidente degli USA Barack Obama tutta la sua indignazione nei confronti della magistratura italiana, alludendo ad una “dittatura dei giudici di sinistra” e ritenendo necessaria una riforma della giustizia.

L′ossessione del premier, quindi, ha sbarcato i confini nazionali e questo non può che far male all′immagine di un Paese già da tempo irriso e “snobbato” dalla comunità internazionale. È  a tutti i magistrati leali e veri, che combattono la criminalità ed ogni ingiustizia con passione, che la manifestazione del 23 maggio andrebbe dedicata. Non solo a Falcone, grande uomo della storia e della giustizia italiana (ma guai a definirlo eroe, qualcuno potrebbe allarmarsene), ma a tutti coloro che, anche oggi, voglio eliminare definitivamente il male che attanaglia la nostra povera Italia. Certo, con una classe politica spesse volte così arrogante, la lotta alla criminalità appare sempre più difficile.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org