Non ho mai creduto veramente che determinate cose, particolarmente gravi, si dicano e si scrivano senza pensare. Certo, magari davanti ad un momento di forte emozione o rabbia può scappare qualche frase più dura o eccessiva. Ma quando sei fuori e non sei coinvolto da quell’emotività, quando certe cose le pronunci a freddo, magari da uffici istituzionali che fino a qualche decennio fa erano garanzia di sobrietà e moderazione, allora non hai più scuse: ciò che dici è farina del tuo sacco. E il tuo sacco contiene letame, emana il fetore nauseante della tua dignità putrefatta, della tua umanità incancrenita. Roberto Speroni, Roberto Castelli e Silvio Berlusconi i sacchi maleodoranti li hanno spalancati e hanno avvelenato il naso, le orecchie, il cuore di questa Italia allo sbando, in cui c’è chi pensa che le parole possano essere usate in qualsiasi maniera, in qualsiasi occasione, come se si fosse nel proprio privato, nella propria casa, tra i propri familiari o amici, bavosi e sudici, che ti plaudono, ridono sguaiati alle tue battute squallide, sono d’accordo con te, senza nemmeno capire cosa tu abbia detto.

Perché immagino che siano così le cene ed i pranzi di questa gente, rinchiusa nelle proprie stanze dorate a pianificare crudeltà, a decidere come saccheggiare quotidianamente il futuro di questo paese, magari ricordando nostalgicamente quelli che per la gente civile sono invece incubi o tragedie. E così dalle loro mura blindate riecheggiano parole come fascismo o nazismo, appelli ai fucili, ai massacri, oppure ti accade di sentir definire eroe un boss mafioso, proprio mentre tu, incredulo e arrabbiato, hai ancora dentro il doloroso rumore di un’adolescenza passata a vedere autostrade divelte, vie di città distrutte dal tritolo, strade innaffiate dal sangue dei giusti. Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti in un suo memorabile film. E dovrebbe essere chiaro a tutti, soprattutto a chi ha un ruolo pubblico o a chi scrive. Sui colleghi che usano, spesso in buonafede, parole ed espressioni improprie, mi sono già espresso molte volte. Continuare, ad esempio, a chiamare clandestini i migranti che arrivano nei barconi è un errore, dato che al momento dell’approdo nessuno sa se si tratti di persone che hanno diritto a richiedere asilo.

Continuare a chiamarli extracomunitari è un altro errore, se poi non si fa lo stesso con tutti i cittadini extra Ue, a partire da svizzeri, giapponesi e americani. E tanti altri sbagli, anche più gravi, di cui si dovrebbe occupare l’Ordine dei giornalisti, che forse dovrebbe pretendere il totale rispetto dei principi della Carta di Roma (regole sul linguaggio politicamente corretto) a cui ogni giornalista è chiamato ad attenersi quando parla di migranti. Poi c’è il livello superiore, quello che dovrebbe esaltare la sobrietà e la moderazione e costituire un esempio per i cittadini. E qui si parla delle istituzioni, che mai come oggi sono la perfetta proiezione del decadimento italiano, della grettezza della gente, che in buona parte è esattamente come chi la rappresenta. Castelli dice che “per ora” non si può sparare ai barconi di migranti provenienti dalla Tunisia.

Castelli (per quanto spesso lo possa sembrare) non è un vecchio ubriacone seduto al bar sport in un paesino della provincia lombarda. È un viceministro della Repubblica italiana. Nessun provvedimento contro di lui, solo la consueta, irritante giustificazione del suo capo, Bossi, il quale dice che è stata solo una battuta. E di “battute”, il loro Capo Supremo, ossia Berlusconi, è uno che ne fa tante. Le ultime sui magistrati e sugli insegnanti sono insopportabili e pericolose, sono l’ennesimo attacco allo Stato, alle sue istituzioni. E non è un caso che si attacchino proprio magistrati ed insegnanti. C’è un valore simbolico voluto, c’è un messaggio preciso ai propri seguaci-mercenari di partito, ai giovani sbrindellati del Pdl: bisogna colpire giustizia ed istruzione. Esattamente quello che ci vuole per consolidare un regime. D’altra parte tutti i dittatori iniziano così. E poiché il Caimano è in difficoltà seria e vede il potere logorarsi e logorarlo, il colpo di coda deve essere forte.

Ecco allora l’affondo. Non più glorificare un mafioso come Mangano, adesso è il momento di spingersi oltre, è il momento dell’azione: se gli ex compari lo mollano e saltano giù dalla nave, tocca alla sua gente prendere il loro posto e cercare di riparare la falla con urgenza. Ed allora inizia il tifo organizzato davanti ai tribunali, con slogan fatti di parole improprie e vergognose, e poi i manifesti, agghiaccianti, terribili, affissi a Milano negli spazi riservati ai cartelloni elettorali: “Via le Br dalle procure”. Chi ha commissionato questa vergogna? Probabilmente chi finge di non ricordare che nelle procure le Br ci sono state sul serio per ammazzare magistrati valorosi, persone che combattevano per salvare l’intero Paese, ossia tutti i cittadini, di qualsiasi colore politico, dalla tragica e pericolosa minaccia del terrorismo. Probabilmente a commissionarlo sono stati gli stessi che hanno voluto il processo breve, una riforma che consentirebbe anche ai brigatisti di salvarsi dai processi e dall’azione sanzionatoria della giustizia.

Parole gravi quasi come quelle di Roberto Speroni, eurodeputato (ebbene sì, non è uno scherzo) della Lega Nord: “Molto spesso – delira – quando i nostri pescherecci, disarmati, si avvicinano alle coste della Tunisia vengono mitragliati. Usiamo lo stesso metodo! Non sbagliano i tunisini: se uno invade le acque territoriali di un Paese sovrano è lecito usare le armi, questo è diritto internazionale, l’ha fatto anche Zapatero”. Sparare, uccidere gente inerme che cerca solo di sopravvivere alle onde, di lasciarsi alle spalle la miseria e l’orrore e che rischia la vita per sperare in un domani migliore. È la ricetta di questo piccolo verme padano, uno dei tanti, uno dei peggiori, Pessimo lascito della Lega “prima fase”, parcheggiato a Bruxelles, dove Bossi invia a svernare i vecchi ruderi, a partire da Speroni e Borghezio.

Nazismo. Si rispolvera anche quello. Speroni non ha freni e nessuno, nella sua squadretta di esaltati in camicia verde, lo ferma: “Hitler – dice l’eurodeputato – ha sbagliato tutto: se fosse vissuto nei giorni nostri avrebbe mandato dei tedeschi coi barconi ad invadere il mondo e nessuno avrebbe potuto fermarli, perché ci ‘sono le ragioni umanitarie’. Noi, in Libano, in Afghanistan, stiamo usando le armi, perché non dobbiamo usarle per difendere i nostri confini? Siamo invasi, c’è gente che viene in Italia senza permesso, violando tutte le regole. A questo punto vanno usati tutti i mezzi per respingerli, eventualmente anche le armi”. Come commentare tutto questo? Come aspettarsi che la gente si indigni, se poi in giro senti dire le stesse cose? Non è solo un problema politico, non basta liberarsi di questo letamaio con un voto.

No. La questione è culturale, di valori e di linguaggio. Ed è dal linguaggio che dobbiamo partire, educando i più piccoli, perché il mondo adulto ormai è invaso dai liquami. Perché l’Italia è un mosaico imperfetto, composto da cittadini (la minoranza oggi) che ancora sanno aiutare chi è in difficoltà (i capitani coraggiosi, le donne di Manduria, i contadini di Mineo di cui parla Francesco Merlo in un suo articolo su Repubblica), ma soprattutto da cittadini (la maggioranza) che invece è capace di enorme indifferenza e di inaudita crudeltà (i cacciatori di immigrati di Manduria, i vigili urbani di Parma e di Saronno, il prefetto di Taranto, e tanti altri di cui abbiamo parlato e sentito parlare). Viene da chiedersi quanto resisteranno ancora le tessere migliori di questo mosaico quotidianamente esposto all’azione logorante di una bufera che non accenna a diminuire di intensità.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org