Ci siamo salutati sotto la Torre e restiamo lì in zona. O meglio, a debita distanza secondo gli standard livornesi. Al sapore di cacciucco ci avviciniamo ai Virginiana Miller. Gruppo ormai storico in Italia (attivo sin dal 1990) che, nella recente riscoperta non solo musicale della musica indipendente, conquistano anche il pubblico, dopo diversi riconoscimenti da parte della critica. Questo per tenervi attaccati allo schermo, non per giustificarci. Perché a noi i Virginiana Miller ci garbano abbestia. A partire dal loro primo album del 1995, “Gelaterie sconsacrate”, a partire dalle loro collaborazioni importanti. Il gruppo è composto da Antonio Bardi e Matteo Pastorelli alle chitarre, Daniele Catalucci al basso, Valerio Griselli alla batteria, Giulio Pomponi su tastiere e piano e Simone Lenzi, parole e voce.

Il sound che ne esce è caldo, un misto ben armonizzato tra rock e pop senza però scadere nel banale. Se state cercando dei punti di riferimento nella scena musicale italiana proponiamo i Baustelle dell’album “Amen” e i primi Perturbazione. A differenza dei primi i Virginiana Miller sono meno radical chic e più attaccati alla terra, quella buona. A differenza dei secondi non mettono la stessa serenità interiore. C’è sempre quella nota di tristezza o consapevolezza che sai che in qualche modo diventa la cifra, il marchio di riconoscimento della provincia. Perché che tu voglia o no il posto da cui vieni ti segna. E la periferia livornese, la stesa di case della piana oltre il mare non è da meno. Non ce ne vogliano i lettori labronici. Castiglioncello e dintorni, il mare piatto citato dai poeti non resta indifferente alle sonorità del gruppo.

E anche al loro modo di intendere la musica. Anche in senso più ampio del significato consueto che le si attribuisce. Grande attenzione anche ai videoclip, per esempio. Si prenda Malvivente con la partecipazione di Giorgio Canali (produttore e musicista) nelle vesti di attore che ha riscosso successo al concorso della Fandango. Quello dei Virginiana Miller è un immaginario a tutto tondo, che comprende in sé musica ma anche immagini. Anche le copertine dei cd lasciano intravedere una certa cura artigianale per il brano. Appunto, passiamo alla musica.

Da ascoltare il già citato “Gelaterie sconsacrate” e per gli ascolti random consigliamo una breve track-list secondo noi significativa: L’uomo di paglia tratto dal primo album; Sesso non protetto, dall’album “La verità sul tennis”, storia ai margini di una moquette. E ancora Altrove, che ci porta direttamente sotto la bianca stazione labronica, o più giù a quella di Cecina tra la pineta e il mare. “Sono stazioni tirreniche al sole dove passano treni direttissimi altrove”, fuori dalla striscia di mare e terra che ispira i nostri artisti. Sembra di esserci davvero nella campagna livornese, in un maggio ruggente dove l’odore fresco dell’erba appena tagliata entra nell’automobile anche a finestrini serrati. Signori, buon ascolto.

Penna Bianca –ilmegafono.org