L’ondata delle rivolte nel Maghreb non si è fermata con la caduta del regime dell’ex presidente egiziano, Hosni Mubarak. Dal 17 febbraio, le proteste si sono estese anche alla Libia che, nel giro di pochi giorni, si è trasformata in una “polveriera”, isolata dal resto del mondo. Attivisti dell’opposizione, attraverso i social network, ormai divenuti i principali strumenti d’organizzazione delle proteste, hanno scelto la giornata di venerdì scorso (denominato il “venerdì della collera”) per manifestare contro il regime del colonnello Muhammar Gheddafi, al potere da 42 anni. La rivolta è partita da Bengasi, città a nord del paese tradizionalmente ostile al regime di Tripoli, e rapidamente si è estesa al resto della nazione araba, nonostante una repressione feroce dell′esercito fedele a Gheddafi.

Secondo l’emittente araba “Al Arabiya”, i morti in Libia sarebbero ormai migliaia. Il problema maggiore, tuttavia, è che non si sa realmente come stia evolvendo la situazione. La Libia è isolata, così come l’Egitto durante le rivolte delle scorse settimane, e Gheddafi, chiuso nel suo bunker, a parte l′adunata in piazza con i suoi sostenitori, appare ormai solo in televisione, arrogante ma in realtà disperato e aggrappato al potere. Definisce i manifestanti “dei viscidi ratti” e “drogati manipolati da al Qaeda”. Ma ormai non gli crede più nessuno.

Nel frattempo, però, le notizie che arrivano dal Paese magrebino sono contraddittorie. Si parla di intere città in mano ai rivoltosi, di militari passati dalla parte dell’opposizione , di bombardamenti sulla folla e di Tripoli ancora in mano al regime. La verità però è che è difficile sapere cosa stia succedendo. Quello che sappiamo finora è che la popolazione libica si è rivoltata al tiranno, sotto la pressione della povertà e della mancanza di qualsiasi forma di libertà, e che la comunità internazionale, per ora, si è limitata solo a fare degli appelli. Appelli alla calma e alla non violenza.

Appelli alla pace e alla fine dei bombardamenti, mentre i pochi video che ci giungono dalla Libia ci mostrano giovani ammazzati, cadaveri di bambini e persone disperate in fuga.  Dal 20 febbraio scorso almeno 20 mila persone sono fuggite dalla Libia soltanto attraverso il valico di frontiera di Ras Jadir verso la Tunisia. E continuano incessantemente i rimpatri di cittadini italiani, tedeschi, francesi, americani, cinesi, etc… Ma non si può evacuare tutto il paese. È giunto il momento che l′’Europa e la comunità internazionale decidano cosa fare. In Tunisia e in Egitto le rivolte si sono concluse o apparentemente sono terminate con la deposizione del “tiranno”. In Libia, dove Gheddafi non sembra disposto a cedere se non con la morte, che succederà?

redazione -ilmegafono.org